GENITORI: STILI E CONFLITTI NELLA GENITORIALITÀ

NON BASTA GENERARE UN FIGLIO PER ESSERE GENITORI…

Come ogni genitore ben sa, non basta generare un figlio per diventare genitori. La genitorialità è un processo molto più complesso del solo aspetto procreativo, generativo, e non si esprime solo su un piano biologico. La genitorialità si costruisce nel tempo, inizia molto prima del concepimento, e mette in moto un insieme di altri aspetti, legati al mondo interno di ogni genitore, al mondo relazionale, alla sfera emotiva e cognitiva, ai vissuti, e altro ancora.

Come ogni genitore sa, non basta generare un figlio per diventare genitori. E ogni genitore se ne rende conto soprattutto quando incontra qualche difficoltà nella relazione con il figlio, quando si chiede quale sia il modo migliore di gestire le norme o l’affettività, o quando attraversa momenti di frustrazione in cui ha la sensazione di non sapere quale sia il modo migliore di interagire con il figlio, o quale il miglior modo di educarlo. Ad esempio: è meglio essere autoritari o permissivi? O forse autorevoli?

 

Autoritario, autorevole o permissivo?

In un pionieristico studio, D. Baumrind (1972) esplorò quattro caratteristiche in base alle quali era possibile differenziare i genitori:

  1. Il calore espresso nelle relazioni con i figli: alcuni genitori sono più freddi, altri più affettuosi;
  2. le strategie messe in atto per disciplinare i figli: c’è chi utilizza metodi più persuasivi o spiegazioni, e chi si rivolge a metodi punitivi, e chi infine preferisce un metodo che si pone ad un livello intermedio tra i due;
  3. la comunicazione con i figli: alcuni genitori fondano principalmente la comunicazione interpersonale su un ascolto attento e paziente dei figli, altri invece più che ascoltare richiedono attenzione e ascolto da parte dei figli;
  4. le aspettative in merito al livello di maturità dei figli.

Basandosi su questi quattro aspetti, l’autrice individuò tre possibili stili genitoriali: lo stile permissivo, lo stile autoritario e lo stile autorevole.

1. Lo stile genitoriale permissivo
Il genitore permissivo è un genitore che di solito è in grado di esprimere un grande calore nelle relazioni con i figli: è attento, affettuoso, ascolta il figlio concedendogli la massima attenzione. Non è però in grado di offrire delle strategie adeguate per quanto riguarda le regole e i confini da dare ai figli, dai quali del resto spesso non si aspetta grande responsabilità. Diventa così difficile offrire delle strategie adeguate anche quando il bambino è in difficoltà, anche quando evidenzia dei comportamenti problematici. La comunicazione interpersonale, che rimane fondamentalmente buona e offre una buona capacità di ascolto, può tuttavia sfociare nel dare spazio anche a comunicazioni critiche o non corrette da parte dei figli, a volte critiche anche nei confronti dei genitori. Il genitore permissivo è un genitore indulgente, e perlopiù evita qualunque forma di punizione.
 
2. Lo stile genitoriale autoritario
Il genitore si identifica quale fulcro dell’autorità, la sua parola è legge e come tale immodificabile e non passibile di negoziazione o discussione. Non c’è infatti la possibilità di ascoltare le richieste o le opinioni del figlio al riguardo, non c’è una comunicazione aperta sul piano dei contenuti e delle regole, e tanto meno sul piano dei vissuti emotivi e relazionali. Viene semplicemente richiesto al figlio di rispettare le regole, in modo rigido e freddo, e ogni mancata adesione alle regole imposte viene punita in modo netto e deciso, alcune volte anche mediante punizioni fisiche.
 
3. Lo stile genitoriale autorevole
Lo stile genitoriale autorevole sembra rappresentare la “terza via”, quella che non percorre né la strada della permissività né quella dello stile autoritario, ma si pone equidistante dai due, in una condizione di maggior equilibrio. Sono infatti presenti le regole e le norme, e vengono definite in modo chiaro dal genitore, che rimane il punto di riferimento normativo e affettivo; tuttavia è possibile anche aprire un confronto sulle regole, metterle in discussione, e quando necessario è possibile arrivare a una mediazione o a una modifica delle stesse, che rimangono dunque flessibili e aderenti alle esigenze dei figli e dei genitori. È possibile mantenere aperta una comunicazione interpersonale che è caratterizzata da un ascolto attento e capacità empatica. I figli vengono ritenuti sufficientemente responsabili, e qualora non si dimostrino all’altezza delle richieste non vengono puniti, ma accompagnati verso una maggiore responsabilizzazione o a una maggiore capacità di autoregolazione.

 

Le ricerche della Baumrind sono sicuramente state delle ricerche pionieristiche nel campo delle indagini sulla genitorialità, ed hanno il grande merito di aver messo in evidenza aspetti fondamentali di comprensione degli stili genitoriali.

Tuttavia da allora molto è stato ancora fatto, e grande impulso è stato dato all’indagine a livelli più profondi della genitorialità, livelli che riguardano in particolar modo il mondo interno dei genitori, il mondo interno dei figli, le rappresentazioni interne, e le complesse dinamiche e relazioni che tra questi si attivano, attraverso scambi e comunicazioni che avvengono su più piani.

 

Genitorialità e mondo interno

Se ci affacciamo al mondo interno degli individui, possiamo scorgere un panorama molto più complesso nella relazione tra genitore e figlio, qualcosa che coinvolge molto di più del semplice rapporto su un piano concreto, di norme, o di ruoli. Ogni relazione genitoriale infatti accoglie non solo quanto appare più in “superficie”, ma anche elementi più profondi: i propri vissuti relativi alla genitorialità, le aspettative in merito al bambino che sarà, la maggiore o minore discrepanza tra il bambino "fantasticato" durante la gravidanza e il bambino "reale" incontrato alla nascita, con le sue peculiarità e il suo temperamento, le aspettative che arrivano dal mondo esterno e dalla famiglia di origine, e molto altro ancora. E soprattutto comporta anche un lungo percorso di rielaborazione delle relazioni affettive primarie, quelle vissute nel proprio passato con i propri genitori.

Ogni persona affronta la genitorialità con un “bagaglio” – a volte più pesante, a volte più leggero – che porta con sé dalle precedenti esperienze vissute in qualità di figlio, con i propri genitori. Entrano dunque nel suo mondo interno anche le immagini interiorizzate dei propri genitori. Ma non solo; e quindi il panorama si fa via via più complesso. Ogni genitore si trova infatti alle prese non solo con l’immagine interiorizzata dei propri genitori, ma anche con l’immagine interiorizzata del bambino che il genitore sente di essere stato per i propri genitori, e con l’immagine interiorizzata del proprio figlio così come egli l’ha nel tempo fantasticato e immaginato, già da molto prima della sua nascita.

Quando c’è stata una buona relazione nella famiglia di origine con i propri genitori e quando la storia evolutiva è stata sufficientemente positiva, e ha favorito l’interiorizzazione di immagini genitoriali sufficientemente adeguate e responsive (pur con i limiti della natura umana), allora il nuovo genitore può “consegnare” al proprio bambino l’immagine del “bambino sufficientemente amato” che sente di essere stato nel passato, e può allo stesso tempo prendere su di sé l’immagine del “genitore sufficientemente amorevole” che sente di aver avuto.

Ma quando le immagini interiorizzate dal proprio passato portano con sé aspetti di problematicità che non sono stati sufficientemente elaborati, è possibile che questi aspetti vadano ad interferire nella costruzione della nuova relazione con il figlio, e vadano in seconda battuta anche a pesare sulla possibilità di sostenere un sano e sereno sviluppo del bambino stesso (che invece si trova spesso a rappresentare - attraverso i suoi sintomi di disagio psicofisico o di problematiche dello sviluppo - il disagio della famiglia intera).

In questi casi siamo alle prese con i cosiddetti conflitti della genitorialità, conflitti cioè che non riguardano la relazione tra i genitori, ma riguardano la relazione "interna" che ogni genitore ha con le immagini interiorizzate o le rappresentazioni interne del figlio e di sé come genitore. Queste naturalmente possono poi avere degli effetti anche sulla coppia genitoriale o sugli altri aspetti relazionali, che eventualmente si potranno approfondire. Ma in questo caso quando parliamo di conflitti della genitorialità stiamo parlando nello specifico di conflitti intrapsichici, e non di conflitti all'interno della relazione tra i genitori.

I conflitti della genitorialità possono essere di grado e gravità diversa (Knauer e Palacio Espasa, 2012, differenziano tra conflitto nevrotico, narcisistico, e masochistico) in base alla quantità e severità di presenza di immagini “parassitarie” che sono state interiorizzate nel passato e che non sembrano riuscire ad accedere ad una ulteriore elaborazione. Pur essendo riferite ad un passato ormai lontano, queste immagini parassitarie continuano infatti ad occupare uno spazio importante anche nel presente, nella relazione attuale con il bambino, impegnando le persone coinvolte inconsapevolmente in un arduo lavoro.

 

Come intervenire?

Ogni situazione va sempre valutata singolarmente, in modo da poter dare la risposta ottimale ad ogni particolare combinazione di quel panorama complesso che compone il mondo interno di ogni genitore e di ogni coppia genitoriale e il mondo relazionale che si struttura in ogni famiglia con ogni singolo bambino.

È però sicuramente necessario elaborare le immagini “parassitarie” del passato, e poterle integrare, arricchendole anche attraverso tutto quel complesso sistema di relazioni che si sta man mano costruendo nella famiglia attuale. La genitorialità, in questo caso, se affrontata ed elaborata in modo adeguato, diventa così essa stessa una nuova risorsa, che contribuisce ad elaborare un nuovo equilibrio e a sostenere una nuova fase evolutiva.

La psicoterapia centrata sulla genitorialità può essere utile in questi casi. Attraverso la psicoterapia centrata sulla genitorialità è possibile favorire lo sviluppo di rappresentazioni più funzionali del proprio mondo interno (in particolare rappresentazioni più funzionali del modo in cui i genitori rappresentano se stessi in quanto genitori, e rappresentazioni più funzionali del proprio figlio), riducendo le rappresentazioni disfunzionali, con una conseguente diminuzione delle manifestazioni di disagio, di sofferenza, o sintomatiche, favorendo uno sviluppo più sano del bambino e una relazione maggiormente soddisfacente e adattiva.

Il percorso di psicoterapia centrata sulla genitorialità (PCP) può essere richiesto dal genitore per se stesso o per il figlio. La scelta che guida la domanda e che designa uno dei due come destinatario dell'intervento dipende da molte variabili, tra le quali la capacità di insight e consapevolezza del genitore, la percezione del problema, il grado di sofferenza del bambino, la capacità empatica del genitore, ecc. Se si individua il genitore come destinatario dell'intervento, allora punterà all'elaborazione dei vissuti fantasmatici del genitore e sull'immagine che ha del figlio e della relazione con lui. Se invece si individua il bambino come destinatario dell'intervento, il lavoro sulla genitorialità rimane ancora un punto centrale dell'intervento, ma si deve dedicare il tempo necessario anche alla valutazione del bambino e della sua relazione con ognuno dei genitori, attraverso modalità di conduzione delle sedute che devono necessariamente variare in base all'età del bambino per adeguarsi al suo livello di sviluppo e alle sue capacità di elaborazione. 

In altri casi può essere invece più utile un percorso di psicoterapia individuale per il genitore che lo desidera, invece di un intervento centrato sulla coppia genitoriale. Ciò è particolarmente utile quando uno dei due genitori necessita di uno spazio in cui poter elaborare più approfonditamente e individualmente alcune tematiche personali che richiedono una attenzione specifica.

Ma ogni situazione va naturalmente valutata singolarmente, sulla base di una corretta valutazione clinica e di un accurato progetto di intervento, discusso sempre insieme ai genitori. In questo modo sarà possibile recuperare e incrementare le risorse interne disponibili, per far sì che il genitore possa affrontare al meglio quel lungo viaggio. 


 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Di Norcia A., Di Giunta L., “Essere genitori efficaci. Programmi di sostegno alle competenze genitoriali”, Ed. Il Mulino, Bologna, 2016
  • Knauer D. Palacio Espasa F. (2012), “Difficoltà evolutive e crescita psicologica. Studi clinici longitudinali dalla prima infanzia all’età adulta”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012.
  • Nauzer D. (a cura di), (2012). “Manuale di psicoterapia centrata sulla genitorialità”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2016.
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