LE FOBIE NEI BAMBINI

“Zia, parlami! Ho paura, c’è tanto buio qui!”. 

La zia gli rispose: “A che servirebbe? Tanto non puoi vedermi”. 

"Non c’entra”, rispose il bambino, “se qualcuno parla il buio scompare”. 

(Freud, 1905, p. 224, n.1)

I disturbi fobici sono frequenti in età evolutiva, a volte possono essere temporanei e si risolvono nel corso dello sviluppo, mentre in altri casi possono durare anche a lungo, a volte fino all’età adulta. 

Sono caratterizzati da un discreto livello di ansia, agitazione, paura che il bambino manifesta quando si trova a contatto con alcuni oggetti (come nel caso della fobia specifica) o con alcune situazioni (come può accadere ad esempio nel caso della fobia sociale) o a volte anche solo al pensiero di questi oggetti o situazioni (con ansia anticipatoria). 

Sono paure all’apparenza irrazionali, o non in relazione con l’effettivo pericolo che quella situazione o quell’oggetto potrebbero determinare; tuttavia sono paure anche molto intense e persistenti, che spingono il bambino o il ragazzo ad attuare strategie di evitamento dell’oggetto fobico o della situazione fobica, con conseguente possibile limitazione del propria sfera di azione e libertà e della propria capacità di rispondere adeguatamente ai compiti evolutivi e alle richieste della quotidianità.

La psicoterapia dell'età evolutiva consente di superare il disturbo attraverso un lavoro con il bambino che, partendo da una indagine della paura dell'oggetto fobico e dei temi evolutivi ad esso sottesi, consente al bambino o al ragazzo di sviluppare nuove risorse, maggiore integrazione, e nuove capacità di riprendere in modo più adattivo e sicuro il suo percorso di crescita.


Cosa sono i disturbi fobici e come si manifestano nei bambini? La sintomatologia.

La fobia si manifesta attraverso vissuti di paura e ansia che pervadono il bambino quando si trova in prossimità del suo oggetto fobico o della situazione fobica. Ciò può dare luogo su un piano fisico ad una attivazione motoria, con pianto, iperattivazione neurovegetativa, tachicardia, fenomeni epigastrici, a volte necessità di evacuare o urinare, di solito con manifestazioni tanto più forti e invasive quanto più il bambino si trova vicino al suo oggetto fobico e quanto meno sente di potersene allontanare in modo sicuro.

Oltre a queste manifestazioni sul piano somatico ci sono infatti nel bambino anche delle risposte tipiche sul piano comportamentale, che di solito conducono a comportamenti di evitamento e fuga. In tal modo il bambino cerca istintivamente di sottrarsi al suo oggetto fobico (con modalità diverse in base al livello evolutivo raggiunto), in quanto non dispone di altre soluzioni: ogni rassicurazione, anche quando arriva da figure di riferimento significative come i genitori, non pare avere alcun effetto. In altri casi la risposta comportamentale può essere di tipo opposto: una risposta di congelamento (freezing) che rende il bambino incapace di muoversi, bloccato immobile nel terrore di fronte al suo oggetto fobico. 

Può  comparire l’ansia anticipatoria  che, in assenza dell'oggetto fobico, fa sperimentare al bambino o al ragazzo un forte timore in previsione del suo ripresentarsi. Compaiono così manifestazioni ansiose e un crescente impiego di strategie di evitamento che compromettono la vita quotidiana del ragazzo, la sua vita ideativa ed il suo pensiero. L’ansia anticipatoria può compromettere di conseguenza la possibilità del ragazzo di sperimentarsi serenamente in contesti e compiti evolutivi sempre nuovi e di crescente complessità.

L’ansia che si manifesta connessa al disturbo di tipo fobico può compromettere la regolazione degli affetti, e il bambino o il ragazzo potrebbe rispondere difensivamente a queste difficoltà ritornando a modalità di regolazione degli affetti di matrice più regressiva, permanendo nella dipendenza e trovando sempre più complicato affrontare alcuni temi evolutivi importanti e tipici della crescita, quali quelli legati allo sviluppo dell’autonomia, all’aggressività e alla competizione.

Sul piano cognitivo si riscontrano delle importanti limitazioni: il pensiero in un certo senso è già occupato a “gestire” le fobie, e pertanto subisce da queste delle forti interferenze che impediscono di concentrarsi sul compito e di ottenere delle prestazioni cognitive soddisfacenti, proprio perché gran parte delle risorse cognitive vengono già spese in modo disfunzionale per affrontare il disturbo fobico.

Per quanto riguarda l’oggetto fobico possiamo fare delle prime generiche distinzioni, che tuttavia vanno sempre approfondite caso per caso. 

In linea generale nei bambini più piccoli troviamo con maggior frequenza le zoofobie, cioè le paure di un animale specifico (es. cinofobia se è presente la paura dei cani; aracnofobia, se c’è la paura dei ragni, ecc.). Queste fobie spesso si risolvono nel corso dello sviluppo, ma in alcuni casi possono protrarsi fino all’età adulta. 

Durante l’adolescenza è invece più frequente incontrare le fobie sociali, cioè le paure che possono essere legate a specifiche situazioni in ambito sociale (ad es. ansia solo quando il ragazzo/a deve mangiare con gli altri, e che non si manifesta in altre occasioni sociali), o che possono essere invece legate in modo aspecifico alle situazioni sociali, e presentarsi quindi in tutte quelle occasioni in cui il ragazzo si trova a doversi relazionare con altri, e che si possono manifestare attraverso sintomi secondari quali la paura di arrossire (ereutofobia) o la paura avere le mani sudate. In questi casi i tipici comportamenti di evitamento che vengono messi in atto possono condurre a dei risultati anche molto invalidanti sul piano della socialità, e potrebbero condurre ad un progressivo isolamento, con il rischio quindi di interferire con lo sviluppo delle abilità sociali e con il percorso di individuazione e di sviluppo emotivo e relazionale che ogni bambino o adolescente affronta proprio attraverso le relazioni con i suoi pari.

Un’ulteriore fobia che si può incontrare nell’età evolutiva è la fobia scolare: essa si manifesta con un'ansia eccessiva e un rifiuto nei confronti del contesto scolastico, con una presenza importante di sintomatologia fobica (iperattivazione motoria e neurovegetativa, ansia anticipatoria, compromissione delle regolazioni degli affetti e cognitiva, ecc.), in assenza di difficoltà di apprendimento o scolastiche in generale.


Il vissuto soggettivo. Come si sentono i bambini con una fobia?

Come facilmente intuibile, i vissuti principali dei bambini con una fobia (dal greco phobos, cioè paura) sono naturalmente la paura e l’ansia che essi sperimentano in prossimità dell’oggetto fobico.

L’intensità del vissuto è proporzionale alla distanza dall’oggetto temuto: quanto più ci si avvicina all’oggetto, tanto più aumentano i vissuti soggettivi di paura e tanto più diventano pervasivi ed invalidanti. In particolare l’ansia anticipatoria, che si attiva al solo pensiero di poter incontrare l’oggetto fobico, può determinare uno stato di allerta costante, una ipervigilanza che può interferire con la possibilità del bambino o del ragazzo di sperimentarsi nella quotidianità e di compiere i normali atti di esplorazione del mondo fisico e sociale tipici dell’età evolutiva, e ciò anche a causa del costante parallelo attivarsi delle strategie di evitamento. Ciò può di conseguenza favorire anche possibili vissuti di impotenza, incapacità, frustrazione.

La paura sperimentata in prossimità dell’oggetto fobico può essere quasi terrorizzante per un bambino o ragazzo con fobia, anche a causa della diminuzione della capacità di regolazione degli affetti che caratterizza in generale la fobia. Può così accadere che sia a volte necessario anche molto tempo prima che il bambino, una volta allontanato dall’oggetto fobico, possa di nuovo sentirsi al sicuro. La paura può inoltre diffondersi anche ad oggetti simili, in seguito ad un effetto di generalizzazione che spesso si presenta nelle fobie, per cui ad esempio un bambino che inizialmente aveva solo paura dei serpenti, inizierà poi ad avere paura di tutti i rettili o anche delle rane e anfibi, con conseguente ulteriore riduzione del proprio spazio “sicuro” nel mondo.


Diagnosi e terapia

La diagnosi di un disturbo fobico in età evolutiva deve essere naturalmente preceduta da una completa ed esausitva anamnesi, cioè da una attenta valutazione di come il disturbo si sia manifestato all’interno della storia evolutiva del bambino o del ragazzo, e posto in relazione al livello di sviluppo raggiunto e alla storia clinica dello stesso.

Una fobia potrebbe avere origine traumatica, e quindi sarebbe il caso di approfondire eventuali traumi incontrati nel corso della crescita dal bambino, ma potrebbe anche riguardare in modo più diffuso altri elementi del suo sviluppo. Il fatto ad esempio che le fobie coinvolgano spesso oggetti ritenuti non pericolosi può far pensare che questi rappresentino in modo traslato un’altra “minaccia”, che si situa su un piano diverso, ad un livello più interno. Potremmo così ad esempio incontrare nel corso della diagnosi altri aspetti temuti, riguardanti ad esempio l’integrità del Sé, le relazioni con gli altri significativi, o problemi legati alla separazione e alla crescita, o un cambiamento nel contesto di vita reale che ha dei riverberi inaspettati su un piano psichico. Questi potrebbero quindi coinvolgere dei temi evolutivi anche molto importanti nella specifica fase di sviluppo attraversata dal bambino o dal ragazzo, e potremmo così riconoscere nella fobia un tentativo di controllare, spostandolo su un oggetto concreto, un tema evolutivo che è invece per il ragazzo più difficile da individuare e gestire. Il lavoro terapeutico sulla fobia in questo caso passerebbe attraverso un lavoro terapeutico sul tema evolutivo ansiogeno sotteso e sull’origine di questa ansia.

"Le fobie rappresentano sempre qualche difficoltà, o transito vietato, nel mondo interno, che viene spostato e proiettato all'esterno, così non solo si libera il mondo interno, ma si riesce a "controllare" il problema all'esterno" (Ferro, 1996).

Naturalmente non esiste uno schema unico di sviluppo della fobia, e quindi ogni situazione necessita di una attenta valutazione individuale e di una grande attenzione a quanto portato nei colloqui dal bambino o dal ragazzo, al fine di poter fornire una risposta specifica e mirata, ed in modo da individuare il percorso di psicoterapia più efficace prima che la fobia possa interferire ulteriormente con il normale sviluppo emotivo, cognitivo e relazionale del bambino o del ragazzo.


BIBLIOGRAFIA 

  • A.P.A. - American Psychiatric Association, “DSM-5 - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fifth Edition”, American Psychiatric Publishing, Washington DC, 2013
  • AA. VV., “PDM – Manuale Diagnostico Psicodinamico”, Raffaello Cortina Editore, Milano,  2008
  • Ferro A., "Nella stanza d'analisi", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996
  • Freud S., “Introduzione alla psicoanalisi”, Bollati Boringhieri Editore, OSF, vol.8, 1915-17
  • Mc Williams N., (1994) “La diagnosi psicoanalitica”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1999
  • O.M.S. – Organizzazione Mondiale della Sanità, “Classificazione multiassiale dei disturbi psichici e comportamentali dell’ICD-10 nell’infanzia e nell’adolescenza”, Ed. Masson, Milano, 1997

Il presente articolo è puramente informativo e non sostituisce la diagnosi di uno specialista.
I contenuti sono descrittivi e rappresentano solo una breve e non esaustiva sintesi degli aspetti clinici coinvolti nel disturbo fobico in età evolutiva.