SOSTEGNO PSICOLOGICO

"Raramente ho perso di vista me stesso: mi sono detestato e mi sono adorato - poi, siamo invecchiati insieme."
(Paul Valery)

Cos'è il sostegno psicologico?

Il sostegno psicologico è un tipo di intervento caratterizzato dalla scelta clinica di rimanere prevalentemente ad un livello di elaborazione più vicino alla consapevolezza, alla coscienza, più mirato al sostegno dell’Io del paziente, e meno rivolto all’indagine ad ampio respiro dell’inconscio o al trattamento della psicopatologia.

Siamo quindi un po' più "in superficie", più vicini agli aspetti preconsci o coscienti, spesso riguardanti la situazione di vita attuale della persona che si rivolge allo psicologo.

Il sostegno psicologico non mira sempre a produrre insight profondi, anche se può favorirli; non mira necessariamente ad una ristrutturazione complessiva di aspetti importanti della personalità, anche se può a volte essere il punto di partenza per successivi sviluppi in tal senso.

Nel corso di un sostegno psicologico lo psicologo può funzionare come Io ausiliario per il suo paziente, e accompagnarlo in un cammino che gli consenta di sentirsi sostenuto, rimanendo ad un livello molto vicino alla consapevolezza e mettendo in atto a questo livello quegli interventi (quali ad esempio la chiarificazione) che consentano al paziente di entrare in contatto con gli aspetti di sé che erano rimasti latenti, appena al di là della consapevolezza, e che creavano un certo disagio.


Quando può essere indicato un sostegno psicologico

Il sostegno può essere indicato nei casi in cui una persona che normalmente disponeva di buone risorse e di un buon funzionamento psichico si trovi a dover affrontare una difficoltà più o meno temporanea, connessa ad esempio ad una crisi adattiva o evolutiva. Può esserci una crisi legata ad un evento traumatico, quale un lutto o una separazione coniugale, oppure anche una crisi legata ad un evento positivo, che però porta con sé un insieme di vissuti difficili da gestire, come ad esempio un’importante promozione sul lavoro che, sebbene desiderata, attiva vissuti ambivalenti ed espone a responsabilità che rischiano di andare oltre al limite che normalmente risultava tollerabile per il soggetto. Possono esserci anche delle crisi evolutive legata ai normali processi di vita che ognuno di noi deve affrontare: ad esempio le crisi evolutive legate all’adolescenza, alla menopausa, all’uscita dal mondo del lavoro con l’arrivo dell’età della pensione, o al matrimonio, al diventare genitori, al passaggio delle cosiddette “età cerniera”; sono tutti esempi di crisi fisiologiche, a volte attese e desiderate, a volte temute, che rientrano nel normale processo di vita e di sviluppo. Sono crisi che possono decorrere senza difficoltà, ma che in altre occasioni, per un concorrere di altri numerosi fattori (ad esempio una precedente fragilità che si riattiva) necessitano di un sostegno per potersi svolgere in modo più fluido e positivo.

All’estremo opposto, il sostegno può essere inoltre indicato per le persone che non hanno una sufficiente strutturazione della personalità, individui con una fragilità dell’Io e dell’esame di realtà, per cui gli interventi interpretativi tipici della psicoterapia sarebbero troppo complessi, mentre risulterebbero sicuramente più efficaci degli interventi di supporto all’esame di realtà, di incoraggiamento e di sostegno all’Io.


Quali interventi nel sostegno psicologico?

Tra i metodi e strumenti utilizzati nel sostegno psicologico, uno dei principali è la chiarificazione. Essa consente di chiarire vissuti, idee e pensieri su alcuni aspetti della propria esperienza personale o relazionale, di affrontare il proprio modo di porsi di fronte al problema, o alcuni aspetti poco chiari della comunicazione.  

Lascolto empatico e non giudicante del terapeuta sostiene il progredire di tutto il percorso, ed è una modalità di ascolto sempre presente, anche negli altri tipi di intervento psicologico. 

È frequente l’utilizzo da parte dello psicologo di semplici domande o di suggerimenti, ma questi sono caratterizzati all’interno del contesto clinico da una coloritura diversa da quella che può caratterizzarle in contesti non terapeutici. Lo psicologo si astiene infatti dal dare suggerimenti e consigli diretti al paziente su come dovrebbe comportarsi, sentire o pensare: egli piuttosto riprende, esplicita, sottolinea scelte e orientamenti che emergono già dal paziente stesso nel corso del colloquio, e di cui magari egli non era fino ad allora pienamente consapevole, ma che ora possono emergere sulla base della chiarificazione e della risignificazione offerta dal terapeuta grazie alla comprensione clinica dei processi che stanno alla loro base. 

Ciò può essere favorito tramite movimenti di riflessione, e quindi per mezzo di considerazioni e ragionamenti con cui il terapeuta sostiene il paziente nell’elaborazione degli elementi emersi attraverso il dialogo terapeutico. 

In tal modo vengono favorite nuove acquisizioni anche grazie alle spiegazioni, cioè a comunicazioni per mezzo delle quali lo psicologo può ad esempio favorire e sostenere l’esame di realtà quando questo è carente, e grazie alla verbalizzazione degli affetti, per mezzo della quale lo psicologo promuove e favorisce la traduzione in parole di moti affettivi di cui il paziente ha una percezione ancora vaga, non pienamente consapevole, spesso espressa solo per via somatica o comportamentale, o ancora non verbalizzabile.


I tempi del sostegno psicologico

Il sostegno psicologico ha spesso tempi più brevi di una psicoterapia. I tempi dipendono da numerose variabili, tra le quali il tipo di problematica portata dal paziente, le aree di disturbo coinvolte, le risorse di cui egli dispone (sia personali che legate al contesto e relazionali), nonché le resistenze che si oppongono al cambiamento, perché paradossalmente cambiare può spaventare a volte anche più che conservare un rassicurante e ormai familiare status quo. Sarà il terapeuta, in base a questo insieme di variabili, a definire se il percorso migliore e più efficace per il paziente sarà quello del sostegno psicologico o un altro tipo di percorso.

Alla conclusione del percorso di sostegno a volte può accadere che il paziente, avendo sperimentato su di sé il cambiamento positivo che si è attivato nel corso della presa in carico, desideri approfondire ulteriori tematiche cui ha iniziato ad avvicinarsi durante i colloqui e che sente di notevole importanza per il proprio benessere psicologico, e decida quindi di intraprendere un percorso di psicoterapia. In altri casi invece può accadere che, alla conclusione del percorso di sostegno, non si prosegua ulteriormente in quanto il cambiamento ottenuto può essere ritenuto dalla persona soddisfacente e sufficiente a consentirle di riprendere il suo percorso di vita in modo migliore, più funzionale, più adattivo.


BIBLIOGRAFIA

  • Luborsky L., Luborsky E. (2006), “La psicoterapia psicoanalitica”, Il Mulino, Milano 2008.
  • Lis A., “Psicologia clinica”, Giunti, Firenze, 1993