Dott.ssa Erika Debelli
Psicologa Psicoterapeuta
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“Ci sono solo due lasciti inesauribili che dobbiamo sperare di trasmettere ai nostri figli: ali e radici.”
(Harding Carter)
Il disagio psicologico nei bambini/e e nei ragazzi/e è uno stato di malessere che interferisce con il loro normale funzionamento nella quotidianità e con il normale procedere del loro percorso di crescita.
Il malessere può coinvolgere la sfera emotiva, comportamentale, relazionale, cognitiva e può manifestarsi attraverso diversi sintomi (ansia, tristezza, sintomi psicosomatici, comportamenti irritabili o aggressivi, isolamento e chiusura, disturbi del sonno, disturbi dell'alimentazione, ecc.).
Poter ascoltare e riconoscere questi segnali precocemente e richiedere un aiuto professionale adeguato può consentire di agire prima che il problema si cristallizzi o si aggravi.
Segnali di disagio
A cosa prestare attenzione quando notiamo una difficoltà nei figli? Naturalmente ogni situazione va valutata singolarmente, in funzione anche del livello di sviluppo del bambino/ragazzo, della struttura di personalità in evoluzione, dello stile relazionale e comportamentale, del contesto, ecc.
Possiamo però fare riferimento ad alcuni segnali di possibile disagio cui sarebbe opportuno prestare attenzione, e che potrebbero richiedere in alcuni casi un approfondimento. Tra di essi ricordiamo:
Bisogna ricordare però che risposte normali e risposte che segnalano un disagio si possono considerare, semplificando, poste lungo una linea, lungo un continuum, con ad un estremo gli aspetti di salute e normalità e all'altro estremo gli aspetti di sofferenza e disagio, ma con al centro tutta una zona intermedia. Non è ad esempio il caso di allarmarsi se per un breve periodo un bambino è più ritirato, o un po' più agitato, o segnala qualche lieve cambiamento: potrebbe essere semplicemente impegnato ad affrontare un compito evolutivo che gli richiede un impegno più oneroso e che in quel momento, temporaneamente, lo pone in una difficoltà momentanea ma fisiologica, necessaria per arrivare ad uno step successivo dello sviluppo. E potrebbe in alcuni casi avere bisogno di un piccolo supporto psicologico (se per struttura psichica, risorse personali relazionali e di contesto, eventi, ecc. ricade sulla zona del continuum un po' più vicina all'area del disturbo) o potrebbe in altri casi superare in modo fisiologico e naturale un breve momento di impasse (se per struttura psichica, risorse personali relazionali e di contesto, eventi, ecc. ricade nella zona del continuum un po' più vicina all'area della salute).
Se si riscontrano segnali di questo tipo è importante osservarli con cura ma senza allarmismi, notando in particolare elementi di pervasività, persistenza, durata, rigidità nelle risposte di questo tipo ed eventualmente contattando uno specialista per una più completa valutazione su un piano clinico di quanto accade.
Disturbi internalizzanti e disturbi esternalizzanti
I segnali di disagio appena illustrati portano alla nostra attenzione come a volte la sofferenza si manifesti maggiormente su un piano interno, altre volte su un piano esterno. Ciò ci consente di fare una prima distinzione tra i possibili disturbi che potremmo incontrare, che possiamo raggruppare nei due grandi gruppi dei disturbi internalizzanti e dei disturbi esternalizzanti.
I disturbi internalizzanti sono disturbi che si caratterizzano per difficoltà che si manifestano e si mantengono “dentro” la persona, a livello interno, con una tendenza ad un ipercontrollo ed eccessiva regolazione interiore degli stati emotivi e dei pensieri; è frequente l'autosvalutazione, il ritiro sociale, la presenza di disturbi fisici senza causa medica.
Tra i disturbi internalizzanti rientrano i disturbi d'ansia (es. disturbo d'ansia generalizzata, disturbo di panico, agorafobia, disturbo d'ansia da separazione, disturbo d'ansia sociale), i disturbi del tono dell'umore (es. disturbi depressivi), i disturbi psicosomatici.
Il fatto che si manifestano e mantengano su un piano interno li rende meno “evidenti”, non subito percepibili a livello esterno, ed è quindi importante che il genitore riconosca eventuali segnali di disagio per poter avviare un intervento precoce.
I disturbi esternalizzanti, al contrario, sono disturbi che si caratterizzano per il fatto che il disagio viene manifestato e riversato dal bambino/ragazzo verso “l'esterno”, con condotte e comportamenti aggressivi, impulsivi, distruttivi, di violazione delle regole, manifestandosi nell'ambiente esterno.
Tra i disturbi esternalizzanti rientrano il disturbo oppositivo-provocatorio, il disturbo della condotta, l'ADHD.
Il fatto che questi disturbi si manifestino verso “l'esterno” li rende subito e più facilmente visibili, ma è necessario proprio per questo motivo una diagnosi accurata, riconoscendo se ci sono effettivamente i criteri per arrivare ad una diagnosi di disturbo.
Quali percorsi
Quando compaiono segnali di disagio è opportuno compiere innanzitutto una valutazione psicodiagnostica. In tal modo sarà possibile avere un quadro più completo in merito al tipo di disagio, alla sua entità, al suo decorso fino ad allora, alle sue possibili evoluzioni, alle risorse disponibili (personali, relazionali, di contesto) cui attingere per superare la difficoltà.
Il disagio potrebbe avere caratteristiche di disturbo temporaneo, crisi adattiva che accompagna un momento evolutivo normale e fisiologico; in questo caso il percorso potrebbe essere un breve percorso di sostegno psicologico che aiuti il bambino o il ragazzo relativamente a quel momento di crisi.
In altre situazioni invece il disagio potrebbe manifestarsi con caratteristiche di sofferenza, di pervasività, di durata, tali da richiedere un intervento più in profondità, quale ad esempio un intervento di psicoterapia dell'età evolutiva.
Ad ogni modo la particolare mobilità delle strutture psichiche ancora in evoluzione di bambini/e e ragazzi/e consente di pensare di poter intervenire positivamente e in modo efficace per aiutarli a superare le piccole o grandi difficoltà che sperimentano.
BIBLIOGRAFIA
- Gregori E., Tombolato R. (a cura di), “I distubri esternalizzanti del comportamento nella prima infanzia”, Franco Angeli Editore, Milano, 2017.
- Vio C., Lo Presti G., “Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici”, Erickson, 2014.