Le relazioni di coppia per quanto complesse, articolate, a volte faticose, dovrebbero garantire a chi le vive un certo benessere relazionale e un equilibrio di coppia che si rifletta poi anche nell’equilibrio personale. Non sempre è così. Il caso più difficile da affrontare è quello che riguarda le relazioni violente. Nessuno sceglie consapevolmente di iniziare una relazione di coppia violenta (in una delle sue possibili forme: violenza fisica, psicologica, sessuale, economica, stalking), eppure molte persone vi si ritrovano invischiate. Sono relazioni che non nascono così, non nascono violente e terrificanti, ma lo diventano, di solito dopo un inizio idilliaco, quasi una favola che diventava realtà. Ad un certo punto possono cambiare drasticamente e, spesso, inaspettatamente. Si tratta nella maggior parte dei casi di situazioni in cui le donne sono vittime di mariti e compagni violenti, ma non bisogna sottacere il fatto che ultimamente sono sempre più frequenti i casi di uomini che richiedono aiuto in quanto vittime. Per semplificare, farò qui riferimento alla violenza che più spesso si incontra, quella dell’uomo sulla donna, ma senza dimenticare che non è l’unica. Cosa accade quando una relazione diventa violenta, e cosa fa sì che questa relazione continui, senza che la persona se ne allontani ai primi segni di violenza (o senza che se ne allontani anche dopo i successivi episodi di violenza)? Per descrivere la dinamica che porta alla costruzione e al mantenimento di una relazione violenta possiamo fare riferimento al (Walker, 1979), in base al quale la relazione violenta si struttura attraverso fasi tipiche, in un ciclo che si ripete e si rinnova continuamente, rendendone difficile l’uscita. Se, come abbiamo visto sopra, le relazioni violente non iniziano come tali e lo diventano solo in un secondo tempo, potremmo individuare dei “segnali di pericolo” (Schimmenti, Craparo, 2016) che ci avvisino del possibile rischio di essere catturati in questa spirale della violenza, segnali che magari ci spingano a starne alla larga? Secondo Craver (2002) sì: esistono alcuni aspetti cui è necessario fare attenzione all’inizio di una relazione, in quanto possono predire un possibile comportamento violento nel futuro: Ogni situazione naturalmente va valutata con attenzione e singolarmente, per non incorrere in “falsi allarmi” e generalizzazioni, tuttavia può essere utile riflettere su questi aspetti all’inizio di una relazione. Purtroppo non sempre è possibile riconoscere i “segnali di pericolo”, e a volte quando si riconoscono si è già troppo invischiati per riuscire ad uscirne da soli. Subentra, oltre alla confusione, anche il senso di colpa per non essere stati in grado di capire prima, per esserselo “meritato” (in fondo rimane viva la suggestione offerta con le mezze frasi dal compagno “Tu sai perché…”, che non dicono nulla ma attivano dinamiche interne confusive). È importante allora riuscire a parlarne, rompere l’isolamento dalla rete sociale, chiedere aiuto ad un professionista e ricordare quali sono le vere responsabilità all’interno della coppia. In una relazione violenta l’unica persona che sbaglia è chi agisce la violenza. Chi la subisce ha invece diritto di essere aiutato. BIBLIOGRAFIA RELAZIONI E VIOLENZA
IL CICLO DELLA VIOLENZA
ciclo della violenza
quattroSEGNALI DI PERICOLO