Dopo un anno di restrizioni dovute al Covid-19, sono molte le persone che lamentano una disturbante “nebbia cognitiva”: difficoltà a gestire la propria quotidianità, perdita di capacità cognitive, in particolare deficit dell’attenzione e della memoria, ridotta capacità di problem solving e di elaborazione, diminuzione della creatività. Le restrizioni nella vita sociale e lavorativa sembrano aver provocato una parallela restrizione e contrazione delle funzioni cognitive e di adattamento in generale. Secondo J. Simons e C. Loveday, professori di neuroscienze cognitive all’Università di Cambridge, si tratta di una reazione normale e piuttosto diffusa a questa esperienza traumatica che ha coinvolto tutti nel corso dell’ultimo anno. Si tratta in sostanza del modo in cui il cervello segnala che si sta verificando uno stress cognitivo. Il fatto che sia una esperienza normale non significa però che dobbiamo rassegnarci ad essa, in quanto è possibile intervenire per affrontarla. In situazioni di stress (come anche quella dovuta allo stress pandemico) accade normalmente che il corpo reagisca con un aumento del livello di cortisolo (il cosiddetto “ormone dello stress”). Le relazioni tra aumento del cortisolo da un lato e diminuzione delle capacità di attenzione, di memoria e di concentrazione dall’altro, sono state messe in evidenza da molto tempo da numerosi studi. Si attiva un meccanismo ancestrale (mediato da un insieme di risposte biochimiche in cui gioca un ruolo importante anche il cortisolo) che in epoche antiche consentiva ai nostri progenitori di innescare una risposta del tipo “attacco o fuga” quando erano in presenza di un pericolo. Ad esempio di fronte ad un animale feroce si attivava un insieme di risposte automatiche: aumento del battito cardiaco per favorire la fuga, attivazione del sistema immunitario in caso di ferite, rilascio del cortisolo per focalizzare l’attenzione solo sul predatore e non sul resto dell’ambiente circostante, ecc. Tuttavia questo insieme di risposte potevano essere utili per combattere una belva, ma possono nei tempi moderni interferire negativamente con le azioni della quotidianità che invece necessitano ad esempio di una visione più estesa e dinamica sull'intero ambiente circostante e non solo sul "pericolo". Possono in sostanza essere utili per affrontare un leone, ma non per ricordarmi dove ho lasciato gli occhiali. Dobbiamo però ricordare che si tratta di automatismi, cioè di meccanismi che si attivano di fronte a situazioni di stress non con modalità mediate dal pensiero, ma in modo automatico; meccanismi che, sebbene abbiano origine in epoche ancestrali, sono ancora fortemente presenti e attivi in noi. Può così accadere che si riattivino in presenza di eventi stressanti anche in tempi moderni. E sicuramente un importante evento stressante con cui ci siamo trovati a fare i conti nell’ultimo anno è la pandemia, che può aver innescato in molti lo stesso tipo di risposte, determinando soprattutto nel suo perdurare una riduzione delle capacità cognitive e un incremento di questa sensazione di “nebbia cognitiva”. Da cosa può essere provocata la nebbia cognitiva? Secondo i ricercatori sono diversi i fattori in gioco: Come possiamo intervenire per ridurre gli effetti della nebbia cognitiva? Alcuni dei semplici suggerimenti che ci vengono offerti dai ricercatori sono i seguenti: La situazione pandemica è ancora in continua evoluzione, e l’arrivo dei vaccini e la riduzione delle restrizioni che si profila all’orizzonte sembrano aprire una speranza. Gli studi evidenziano come le difficoltà cognitive si riducano al diminuire delle restrizioni, mentre al contrario questi miglioramenti risultano purtroppo meno evidenti in chi continua a isolarsi e non riesce a riprende (per quanto consentito) la quotidianità. Questo può ad esempio essere il caso di chi a seguito di questo periodo di stress ha sviluppato sintomi più imponenti di disagio, principalmente legati a disturbi d’ansia e depressivi. In queste situazioni è necessario poter riconoscere la propria difficoltà e riuscire a richiedere l'aiuto di un professionista prima che i sintomi si cristallizzino e si strutturino in modo più durevole. Ma per chi è invece alle prese “solo” con la nebbia cognitiva, può essere utile sottolineare come si tratti perlopiù di una reazione temporanea ad una situazione di forte stress e fortemente traumatica (quale è quella pandemica), e che con il tempo ed il ripristino progressivo di una normale quotidianità la nebbia tenderà – autonomamente o anche solo con un breve sostegno psicologico – finalmente a diradarsi. 26 aprile 2021 FONTI: Foto di Free-Photos da Pixabay Possibili fattori alla base della "nebbia cognitiva"
Come intervenire?
Quando la nebbia si dirada