Dott.ssa Erika Debelli 

Psicologa Psicoterapeuta


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Akoé Psicologia e Psicoterapia

 

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Il trauma nell'età evolutiva

"Perchè dolore è più dolor, se tace".

(C. Pavese)

Il fatto che l’infanzia possa essere un periodo anche difficile, non privo di insidie, potrebbe sembrare quasi controintuitivo. Vorremmo poter pensare che i bambini, liberi dalle preoccupazioni dell’età adulta, siano sempre tendenzialmente sereni. Ma ciò appare più un tentativo di rassicurarci dai nostri timori che un dato di fatto.

Purtroppo è necessario poter riconoscere che anche ai bambini o ai ragazzi può capitare di incontrare situazioni traumatiche, che potrebbero poi agire anche sul loro sviluppo, sul superamento delle varie tappe evolutive, sulla maturazione di una identità psichica stabile e serena. Ma il riconoscerlo ci consente poi di agire e intervenire per sostenerli nei momenti di difficoltà ed aiutarli ad elaborare e superare l’evento traumatico eventualmente incontrato.

In linea generale, quando si parla di traumi, si può fare riferimento a due grandi gruppi: traumi relazionali (lutto, abbandono, trascuratezza, esiti dovuti a una separazione più o meno conflittuale dei genitori, ipercuria o incuria, difficoltà relazionali, ecc.) e traumi dovuti a eventi in cui è a rischio la vita, propria o di un congiunto (incidenti gravi, l’aver assistito a violenze o abusi, anche in famiglia, terremoti, ecc.).

Lo sviluppo di un disturbo legato al trauma potrà avere caratteristiche ed esiti diversi in base non solo al tipo di trauma esperito, ma anche alle caratteristiche di ogni singolo bambino (es. livello evolutivo, risorse personali e relazionali, età, struttura psichica, ecc.) e del contesto in cui egli si trova a vivere. Tra i possibili disturbi potrebbero manifestarsi: disturbo reattivo dell'attaccamento, disturbo disinibito dell'attaccamento, reazione acuta da stress, disturbo traumatico da stress (PTSD); ma ogni diagnosi dovrà necessariamente essere formulata da uno psicoterapeuta dopo attenta valutazione clinica, anche al fine di predisporre il tipo di intervento più opportuno.  

 


Quali sono i disturbi da trauma dell’infanzia e come si manifestano? 

I disturbi correlati a trauma nei bambini e nei ragazzi si possono manifestare con sintomi diversi, in base a diversi fattori, quali il tipo di trauma sofferto, la sua gravità, l’età del bambino o ragazzo nel  momento in cui ha luogo l'evento, l'eventuale ripetersi dei fatti traumatici, il livello di sviluppo e le caratteristiche di personalità, nonché il contesto familiare e sociale in cui si manifesta. 

La sintomatologia è eterogenea, e potrebbe rivelarsi anche attraverso alcune manifestazioni di tipo ansioso o fobico, oppure mediante alterazioni dell'umore, o con manifestazioni di tipo depressivo al contrario con rabbia e aggressività, oppure ancora con manifestazioni di tipo dissociativo. Un quadro così eterogeneo rende importante una corretta valutazione di ogni singolo bambino per poter pensare ad un intervento adeguato. 

 

Possiamo tuttavia a titolo descrittivo provare a vedere schematicamente alcuni tra i principali tipi di disturbo da trauma.

 

- il disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia: è caratterizzato da uno sviluppo disturbato o inappropriato  del legame di attaccamento con il caregiver (cioè "l'adulto di riferimento" nella relazione di accudimento: di solito la mamma o il papà, ma anche i nonni). Il bambino, a causa di uno sviluppo disturbato di questo legame, non sembra quindi in grado di ricercare le cure e il conforto degli adulti significativi nei momenti di stress, pericolo, paura, e non è in grado di accogliere e rispondere al conforto quando questo viene fornito dalla figura di attaccamento. Si possono manifestare risposte di ipervigilanza e timorosità (una “circospezione fredda”), o un'aggressività verso sé e gli altri immotivata, o risposte contraddittorie di avvicinamento/allontanamento; tutte risposte che non migliorano né acquistano maggiore coerenza nemmeno in seguito al conforto offerto. Ciò è ritenuto essere in relazione a delle carenze nell'accudimento, che può essere stato inadeguato o traumatico, oppure può essere stato non continuativo (es. cambi ripetuti di figure di accudimento) o può essersi svolto con modalità anomale che non hanno consentito lo sviluppo di un legame di attaccamento (es. nelle istituzionalizzazioni). Si rilevano inoltre anche disturbi emozionali correlati, spesso con ridotta responsività sociale ed affettiva, limitata presenza di stati affettivi positivi, o espressioni di rabbia, paura, tristezza, apparentemente senza motivo. 

È importante ricordare che siamo nell'area del “trauma”, pertanto è necessario valutare nel dettaglio le situazioni ed ascoltare i vissuti del bambino: ad esempio non sarà traumatico (benché parzialmente “non continuativo”) un accudimento che preveda la presenza della nonna che occasionalmente accudisce il bambino se i genitori sono lontani per lavoro, soprattutto se questo allontanamento viene spiegato e “digerito” emotivamente insieme al bambino, mentre altre situazioni con cambi di figure di accudimento più frequenti, più imprevedibili e più discontinue potrebbero esserlo. 

 

- il disturbo disinibito dell'attaccamento: è caratterizzato da un disturbo dell’attaccamento che si manifesta invece, a differenza del precedente, con una eccessiva assenza di timore ad approcciarsi e interagire con altri non familiari, con una tendenza ad allontanarsi con estranei senza esitazioni, o con modalità di eccessiva familiarità (non congrue con le regole e il contesto in cui il bambino è cresciuto), o con limitata ricerca di contatto e conforto con il caregiver al momento in cui il bambino si avventura in luoghi non noti. Come nel precedente disturbo, anche lo sviluppo di questo disturbo può essere posto in relazione con carenze nell'accudimento e nello sviluppo di un adeguato legame di attaccamento con il caregiver, a causa di modalità di accudimento inadeguate o traumatiche, o per il ripetuto susseguirsi di figure di accudimento, o per modatlià estreme o anomale di accudimento (es. istituzionalizzazione). Può manifestarsi associato ad un ritardo nello sviluppo, soprattutto sul piano cognitivo e del linguaggio, e ad altri sintomi correlabili a incuria e trascuratezza nell'accudimento. 

 

- il disturbo acuto da stress: si manifesta nei primi tre mesi dopo un evento traumatico grave, che ha messo in pericolo la vita stessa o l’incolumità del bambino o di un suo familiare. L’evento può essere stato vissuto in prima persona dal bambino, oppure egli può avere solo assistito (es. ha visto la mamma gravemente picchiata), oppure può aver anche solo ascoltato il racconto del fatto grave accaduto ad un familiare stretto. Si esprime attraverso sintomi di tipo intrusivo (pensieri ricorrenti e involontari al fatto; nei bambini più piccoli il ripresentarsi dei fatti raffigurati ripetutamente nel gioco o nel disegno; incubi; flashback), diminuzione del tono dell’umore (incapacità di provare emozioni positive), sintomi dissociativi (senso di realtà alterato; impossibilità di ricordare alcuni elementi dell’evento), condotte di evitamento (impossibilità di frequentare luoghi, persone, cose che ricordano l’evento), e iperattivazione (disturbi del sonno, ipervigilanza e iperreattività, problemi di concentrazione). La risposta emotiva nei bambini può anche non manifestarsi come paura, ma attraverso espressioni di rabbiavergognaansia ritiro. Possono inoltre provare sensi di colpa per non aver potuto prevenire o evitare l'evento, o sensi di colpa per non riuscire a controllare i sintomi intrusivi (quali pensieri, flashback, ecc.). Il bambino in seguito al trauma può anche sviluppare un’intensa ansia di separazione dai genitori o anche attacchi di panico, presenti con maggiore frequenza soprattutto nei primi momenti successivi al trauma.

 

- il disturbo da stress post traumatico (PTSD) si sviluppa spesso in seguito ad una cronicizzazione del disturbo acuto da stress a seguito di un perdurare della sintomatologia dopo i primi tre mesi dall’evento traumatico. Tuttavia i sintomi potrebbero anche presentarsi solo in tempi successivi (espressione ritardata), a volte anche senza che prima si manifesti un disturbo acuto da stress. Sono presenti, come per il disturbo acuto da stress, sintomi intrusivi, sintomi dissociativiumore negativo o irritabilità, condotte di evitamentoiperattivazione e iperreattività a stimoli anche minimi, ma la manifestazione sintomatologica si fa più duratura nel tempo e intensa, più invalidante. Nei bambini l’espressione dei sintomi varia in base alla fase di sviluppo attraversata. In linea generale, ci possono essere nei bambini più piccoli dei sintomi intrusivi come incubi o giochi che ripropongono l’emotività e l’iperattivazione sperimentati nel trauma, senza che ci sia una diretta percezione della correlazione con l’evento traumatico o con un suo ricordo, pensiero o immagine. Nei bambini più grandi e nei preadolescenti e adolescenti ci possono essere invece ad esempio sogni che più chiaramente ripercorrono l’evento traumatico. Le condotte di evitamento possono esprimersi con una ridotta capacità di esplorare, di relazionarsi con i pari, di giocare. Ci possono essere forti cambiamenti nell’umore del bambino, rabbia, senso di colpa, paura, una reattività eccessiva agli stimoli, che fanno sì che il bambino si spaventi anche per eventi apparentemente minimi (es. uno squillo) o si arrabbi in modo inappropriato e incontrollabile anche ad esempio in una normale interazione con altri bambini.

 


Il vissuto soggettivo. Come si sentono i bambini con disturbi derivanti da trauma?

I bambini che subiscono assistono ad un evento traumatico e sviluppano un disturbo ad esso correlato possono manifestare dei vissuti anche molto variabili, in quanto su di essi andranno ad incidere le caratteristiche del trauma ed il tempo trascorso da questo, il livello evolutivo del bambino e le sue caratteristiche di personalità, i fattori di protezione e cura presenti nel contesto di vita del bambino, ecc. Ogni vissuto pertanto dovrà essere indagato nella sua specificità. Tuttavia in linea generale possiamo provare ad individuare alcuni tra i principali elementi che ne caratterizzano i vissuti.

Sono frequenti i vissuti di ansia, che possono arrivare anche ad un vero e proprio panico. Per difendersi da questi vissuti può accadere che nei bambini si attivino delle modalità di risposta regressive: in essi può accentuarsi l’ansia da separazione, ed essi possono ad esempio cercare insistentemente l’accudimento e la rassicurazione da parte dei genitori o di altri significativi, ritornando a modalità di relazione più dipendenti, magari tipiche di fasi evolutive già superate prima del trauma, ma che ora rappresentano occasioni di rassicurazione e di contenimento dell'ansia più familiari. Possono inoltre comparire atteggiamenti di dipendenza e bisogni già superati, o possono temporaneamente venire a mancare conquiste evolutive già raggiunte (ad esempio ricominciando a bagnare il letto). Può però accadere anche che il bambino si senta incapace di chiedere conforto e accudimento, sviluppi vissuti di impotenza e di abbandono, non riesca più a sentirsi in grado di gestire le proprie emozioni né a richiedere aiuto ad altri, e che attui un ritiro sociale a difesa del suo fragile Sé.

I vissuti dei bambini conseguenti al trauma trovano spesso espressione anche sul piano somatico. Qui possiamo osservare manifestazioni di iperattivazione, con agitazione, tachicardia, mal di pancia o di testa, e il ripresentarsi in forma dissociata del dolore sperimentato nel trauma, ma può anche capitare che altri bambini reagiscano con una sorta di “congelamento”, una riduzione della propria attività anche sul piano somatico, di nuovo a difesa del fragile Sé.

Molti bambini inoltre rivivono il proprio trauma nei propri incubi, oppure sperimentano pensieri intrusivi, anche molto disturbanti, e possono anche sentirsi in colpa per non riuscire a controllare questi sintomi o per non essere stati prima in grado di evitare il trauma. E ciò potrebbe andare a sostenere anche ulteriori vissuti depressivi.

 

 

Diagnosi e terapia

I disturbi correlati a trauma si possono verificare indipendentemente dall’età, e quindi anche in bambini molto piccoli se questi sono coinvolti o esposti a situazioni traumatiche, incidenti, violenze. Ed è pertanto importante poter intervenire al più presto per favorire una elaborazione del trauma ed evitare una cristallizzazione dei sintomi. Purtroppo, per quanto possano sembrare per gli adulti rassicuranti, i pensieri del tipo “tanto è piccolo, non ha capito, non ricorderà niente” non aiutano il bambino ad affrontare il trauma ma solo a negarlo, e con esso a negare la sua sofferenza, che così non trova uno spazio di elaborazione e di possibile superamento, manifestandosi poi spesso con una sintomatologia importante su diversi piani.

I disturbi possono riguardare quindi anche bambini molto piccoli e non per questo vanno sottovalutati.

Il disturbo reattivo dell’attaccamento ed il disturbo disinibito dell’attaccamento infatti si possono già iniziare a manifestare dal momento in cui il bambino sviluppa la capacità di stabilire un legame di attaccamento selettivo, e quindi indicativamente già a partire dai 9 mesi di vita. Questi disturbi vengono diagnosticati fino a circa i 5 anni di età e, essendo disturbi che dipendono da difficoltà nella costruzione di legami di attaccamento selettivo stabili, accudenti e affidabili, diventa importante poter conoscere anche il contesto di accudimento del bambino, ed eventualmente agire non solo sul trauma ma anche sostenendo i genitori o le figure di attaccamento per recuperare e promuovere modalità di relazione e accudimento maggiormente adattive e responsive, e accompagnare il bambino verso una condizione di maggior equilibrio.

Il disturbo acuto da stress e il disturbo post traumatico da stress si possono sviluppare non solo nella primissima infanzia ma anche nei periodi successivi, e si sviluppano in seguito ad eventi traumatici gravi (ad es. incidenti gravi, calamità naturali, violenze, abusi, maltrattamenti, vissuti in prima persona o cui il bambino ha assistito), che vanno quindi indagati in fase diagnostica, insieme ai vissuti del bambino, alle sue risorse, alle risorse del suo contesto di sviluppo. È necessario intervenire favorendo l’elaborazione del trauma, la gestione di eventuali aspetti dissociati legati al trauma, l’elaborazione di eventuali vissuti di colpa e di impotenza, l’indagine di possibili eventi scatenanti che favoriscono nel presente la riattivazione della sintomatologia traumatica; è inoltre importante sostenere le risorse che consentono di fronteggiare e superare non solo nel presente ma anche nel futuro eventuali condotte di evitamento e di ritiro. Bisogna quindi lavorare per una risignificazione ed una elaborazione del trauma in un’ottica più integrata, adattiva e meno colpevolizzante, per evitare che il trauma possa rimanere attivo e manifestarsi successivamente, anche a distanza di tempo, magari ripresentandosi attraverso disturbi di altro tipo, magari in forma mascherata o traslata.

 

 

BIBLIOGRAFIA

O.M.S. – Organizzazione Mondiale della Sanità, “Classificazione multiassiale dei disturbi psichici e comportamentali dell’ICD-10 nell’infanzia e nell’adolescenza”, Ed. Masson, Milano, 1997

Mc Williams N., (1994) “La diagnosi psicoanalitica”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1999

AA. VV., “PDM – Manuale Diagnostico Psicodinamico”, Raffaello Cortina Editore, Milano,  2008

A.P.A. - American Psychiatric Association, “DSM-5 - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fifth Edition”, American Psychiatric Publishing, Washington DC, 2013

 

Il presente articolo è puramente informativo e non sostituisce la diagnosi di uno specialista. I contenuti sono descrittivi e rappresentano solo una breve e non esaustiva sintesi di alcuni aspetti clinici coinvolti nel disturbo.