ADOLESCENTI E CORONAVIRUS


STANCHEZZA, INCERTEZZA E PREOCCUPAZIONE

Stanchezza, incertezza e preoccupazione: questi sono gli stati d’animo predominanti che emergono dell’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus” condotta da Ipsos per Save The Children tra ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 18 anni, appena pubblicata: 

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Fonte: Ipsos - Save The Children - "I giovani ai tempi del Covid", pag.111


Screenshot 140png Fonte: Ipsos - Save The Children - "I giovani ai tempi del Covid", pag.112


In questi mesi abbiamo visto in più occasioni ragazzi e ragazze cercare di far sentire la propria voce, frastornati tra riaperture incerte o rimandate, e una didattica a distanza che, pur con il massimo impegno di insegnanti e famiglie, non può rispondere in modo adeguato non solo ai bisogni educativi dei ragazzi, ma anche e soprattutto ai bisogni fase-specifici legati all’adolescenza, e che coinvolgono la socialità, la costruzione di una nuova identità al di fuori della famiglia, il corpo sessuato, e tutte quelle nuove dimensioni sulle quali l’adolescenza si affaccia.

L’indagine Ipsos dipinge ora concretamente la situazione vissuta dai ragazzi in tutta la sua problematicità.

Il rischio che si intravede è quello di essere ormai alle porte di una pandemia nella pandemia: una pandemia psicologica e culturale, in cui il pericolo di dispersione scolastica è molto alto, indice di una sofferenza non solo negli apprendimenti, ma anche relazionale e psicologica, una sofferenza che porterà esiti ancora da verificare nel lungo termine. 

Si stima che 34.000 studenti delle scuole superiori, a causa delle numerose assenze, potrebbero abbandonare il percorso scolastico. Dall’indagine Ipsos risulta che il 28% degli studenti dichiara di avere almeno un compagno di classe che ha smesso di frequentare le lezioni a partire dal lockdown di primavera o nei mesi seguenti, e non sono pochi i ragazzi che dichiarano di avere nella propria classe tre o più compagni che hanno smesso di frequentare.

Cosa possiamo scorgere dietro tutto questo? Su cosa dobbiamo interrogarci? E come intervenire?

 

APPRENDIMENTI, EMOZIONI, GRUPPO

Come è facile intuire, i ragazzi che chiedono di ritornare alla scuola in presenza non lo fanno perché sentono la mancanza della versione di latino svolta su uno scomodo banco in un vecchio edificio scolastico. Ciò che manca è soprattutto l’aspetto relazionale, che è però anche una componente fondamentale del processo di apprendimento il quale, privato di questa componente, ne risente negativamente.

L’apprendimento efficace è quello che comprende e integra in sé una forte e significativa componente relazionale ed emotiva.

Le lezioni in DAD, però, per i limiti imposti dallo strumento, mettono questi aspetti in secondo piano rispetto alla componente cognitiva.

Non è infatti un caso che l’indagine Ispos evidenzi un peggioramento nella preparazione scolastica segnalato dal 35% degli adolescenti.

Passa inoltre in secondo piano anche la componente legata alla sperimentazione del sé nel gruppo. Il gruppo è la fucina in cui l’adolescente si forma, forma la sua identità e i suoi nuovi “strumenti” relazionali, cognitivi e affettivi, e sono questi che poi sostengono anche il processo legato agli apprendimenti. 

Nel gruppo classe infatti, oltre alla condivisione degli apprendimenti, c’è anche la possibilità di condividere un sé ancora in formazione che negli altri si rispecchia, e che attraverso la relazione con gli altri (compagni, amici, insegnanti) apprende attraverso complessi movimenti identificatori anche nuove funzioni e nuove competenze, che vanno poi a sostenere la capacità di gestire anche gli apprendimenti; competenze quali la tolleranza alla frustrazione, l'ascolto, la partecipazione in un contesto strutturato da regole, la comunicazione, ecc.

COMPITI EVOLUTIVI E PANDEMIA

I "compiti" che i ragazzi devono affrontare durante la crescita non sono solo quelli legati al contesto scolastico. Durante l’adolescenza ogni ragazzo/a si trova necessariamente a dover affrontare anche i “compiti evolutivi” che il normale percorso di sviluppo psicobiologico di ogni individuo richiede. E sono “compiti” che – naturalmente – non si svolgono in DAD.

Tra i compiti evolutivi tipici dell’adolescenza ritroviamo in particolare quelli che conducono alla costruzione di una nuova identità e di una nuova autonomia, tracciando le prime linee del futuro sé adulto: sono i compiti di individuazione e separazione dal proprio passato infantile e dagli oggetti di relazione infantili (in primis i genitori). 

L’adolescente comincia infatti a distaccarsi dagli oggetti di relazione internalizzati (es. genitori) per iniziare ad interessarsi a oggetti di relazione esterni ed extrafamiliari (es. amici, altri adulti significativi, insegnanti), con i quali si attiva un gioco identificatorio complesso. La possibilità quindi di sperimentarsi in un contesto extrafamiliare costituisce uno degli elementi centrali in questo percorso.

Ma in tempi pandemici tutto si complica, e la realtà concreta e oggettiva gioca una nuova partita con i normali processi intrapsichici e relazionali che in questa fase evolutiva hanno luogo.

Se infatti in tempi normali la separazione dalle figure genitoriali era facilitata anche da concreti allontanamenti fisici del ragazzo dal contesto familiare (es. uscite con amici, possibilità di sperimentare il nuovo sé in diversi contesti gruppali: sportivi, scolastici, amicali, ecc.), ora con le limitazioni a spostamenti imposte dai DPCM, con la minore frequentazione dei coetanei e adulti significativi in DAD, e con la maggiore presenza dei genitori in smartworking, questo spazio fisico di autonomia si riduce. Ed è quindi necessario da parte dell'adolescente uno sforzo a tratti anche maggiore per riuscire a separarsi e individuarsi, senza la possibilità di fare sempre affidamento su un contesto extrafamiliare raggiungibile fisicamente in cui giocarsi le identificazioni di prova o i primi passi verso l'individuazione e la costruzione della nuova identità. Anche il processo di elaborazione del lutto per la perdita degli oggetti di relazione infantili e per le proprie parti infantili, che si accompagna all'acquisizione di nuovi oggetti di relazione e al processo di individuazione, trova nuovi ostacoli, che potrebbero sostenere movimenti regressivi e contrari alla separazione e all'individuazione. 

Ed anche il corpo, che ha un posto centrale nel percorso dell’adolescente, sembra essere un po' uscito dalla scena di questi tempi pandemici, tempi in cui non ci si può più relazionare fisicamente con i compagni, o scoprire come questo nuovo corpo che cambia possa entrare in relazione con gli altri, non si riesce a vivere pienamente la propria fisicità in evoluzione e cambiamento, né la scoperta del corpo sessuato.

Sono quindi numerosi gli ambiti in cui un adolescente potrebbe incorrere in qualche difficoltà, e spesso i genitori che vedo in consultazione si interrogano al riguardo.

GENITORI IN PANDEMIA

Per il 46% dei ragazzi intervistati dall’Ipsos, l’anno appena passato è un anno perso. Questo dato, forse più di altri, dà intuitivamente l'idea dei vissuti che si muovono nei ragazzi.

I genitori vedono che in questo difficile periodo i loro figli sono spesso demotivati, o con manifestazioni ansiose o depressive, con problemi scolastici, oppure manifestano in vario modo un certo grado di disagio.  

E chiedono come poter essere loro d’aiuto.

Alcune indicazioni in linea di massima per i genitori (ben consapevole del fatto che non saranno esaustive, in quanto ogni ragazzo ha una storia a sé) possono essere le seguenti:  

  1. Ascoltare i ragazzi, accogliendo ogni vissuto e incoraggiando l’espressione delle emozioni, anche di quelle che più possono spaventare il ragazzo/a (o anche il genitore). Non è il momento per essere giudicanti, né per dare lezioni di moralità, o di cosa sia giusto o sbagliato (ci sarà anche un momento per questo, ma non ora): è il momento di accogliere la loro fragilità. Del resto quando a noi adulti capita di inciampare, non ci è d’aiuto sentirci dire che avremmo dovuto guardare se c’era un gradino; in quel momento ci serve qualcuno che ci dica “Dimmi dove ti sei fatto male, e raccontami cosa è successo”.  
  2. Non negare o minimizzare le difficoltà. Dire che “non è niente” non aiuta l’adolescente in difficoltà, ma lo fa sentire solo e impotente davanti a qualcosa che gli altri non capiscono. Può essere invece d’aiuto ammettere di non capire bene, e farsi raccontare qualcosa di più. Allo stesso modo rassicurare (“andrà tutto bene”) non aiuta l’adolescente ad orientarsi, mentre arrivare insieme a lui a concettualizzare e costruire soluzioni alternative può aiutarlo a recuperare il suo senso di efficacia.
  3. Garantire uno spazio di autonomia (quando richiesto) continuando a sostenere le possibili regressioni (quando necessario). Gli adolescenti che sperimentano le loro nascenti identità o sono alle prese con i compiti evolutivi possono essere spaventati, e alternare dei “movimenti in avanti” ad altri più rassicuranti “movimenti regressivi”. Sono movimenti normali e come tali vanno accolti.
  4. Mantenere un chiaro ruolo genitoriale. Di fronte al caos in cui l’adolescente si sente intrappolato, sapere che c’è un punto fermo rappresentato dal genitore che svolge in modo solido e prevedibile la sua funzione è estremamente rassicurante. Stabilire delle regole (compatibili con l'età e lo sviluppo dell'adolescente) che pur sostenendo la crescita e l’autonomia, non rappresentano un'abdicazione al ruolo genitoriale, è una garanzia per l’adolescente confuso. Può essere d'aiuto stabilire delle routine e delle norme, dei rassicuranti confini, soprattutto negli ambiti in cui l'adolescente è più smarrito (ad esempio delle norme sul rispetto degli orari del risveglio mattutino, se la DAD ha invece favorito condotte di evitamento volte a gestire in modo disfunzionale l'ansia, con conseguente perdita delle lezioni).  
  5. Rivolgersi agli psicoterapeuti, se necessario. Non dobbiamo “patologizzare” ogni possibile evento, ed è necessario distinguere le normali crisi evolutive dell'adolescenza, che hanno una progressione favorevole, da altre situazioni più complesse. Per alcuni adolescenti le difficoltà potrebbe manifestarsi con maggiore forza, segnalare un disagio che si è acutizzato e che sembra sovrastare le normali capacità dell’adolescente di farvi fronte. Il disagio può manifestarsi attraverso un maggiore ritiro anche nelle relazioni con i familiari oltre che sociali, o con sintomi ansiosi o depressivi, con difficoltà nella gestione della quotidianità (alterazioni ciclo sonno-veglia, alterazioni nell’alimentazione, ecc.). In questi casi è necessario riconoscere che può essere utile un aiuto di un professionista per affrontare e superare le difficoltà.
  6. Saper sostare con loro nell'incertezza, senza farsene travolgere. Ciò diventa per i ragazzi anche l’occasione per apprendere che è possibile riconoscere la difficoltà, non farsi schiacciare da questa, e anzi rimanere in contatto con le difficoltà quel tanto che basta per conoscerle meglio, in modo da poter poi attivare un nuovo percorso in modo consapevole. Per imparare, in sostanza, che la soluzione non è aspettare che la tempesta passi, ma è imparare a ballare sotto la pioggia. Finché non ritornerà ancora una volta il sereno.


FONTI:

Foto di Alexandra_Koch da Pixabay