L’osservazione di gioco partecipe nella valutazione e nella terapia.

Il gioco è fondamentale per i bambini, in quanto favorisce e sostiene il loro sviluppo cognitivo, sociale, emotivo. Ma attraverso il gioco è anche possibile andare ad esplorare molti diversi aspetti dello sviluppo infantile.

Dai pionieristici lavori di Melanie Klein fino alle più recenti elaborazioni sul tema del gioco in psicoterapia, è ormai assodato come esso rappresenti uno strumento importante nel lavoro psicologico e psicoterapeutico con i bambini. 

Melanie Klein nel volume "La psicoanalisi dei bambini" (1932) scriveva: "i giochi dei bambini hanno, come i sogni, una facciata dietro cui possiamo scoprire un contenuto latente soltanto attraverso un'analisi accurata".  Accade infatti che nei giochi i bambini possano portare non solo il contenuto manifesto del gioco (es. un gioco di guerra con i soldatini), ma anche il contenuto latente, che può riguardare i conflitti interni, le dinamiche affettive e relazionali presenti, le paure o l'ansia, ecc. (es. un gioco che rappresenta nella lotta un conflitto psichico interno o relazionale, ecc.), e che attraverso il gioco si possono riconoscere, comprendere, trattare. Infatti "nel gioco il bambino non si limita a superare soltanto la realtà dolorosa: nel gioco egli trova anche il modo di dominare l'angoscia delle forze istintuali e delle minacce interne, proiettandole sul mondo esterno" (Klein, 1932).


Il gioco nelle sedute con i bambini è sempre molto presente. Il bambino ha a disposizione di solito un insieme di giochi che può utilizzare (tipicamente la "scatola dei giochi", ma non solo), sia nelle sedute individuali che eventualmente nelle sedute con i genitori, secondo percorsi che vengono concordati con lo psicoterapeuta sulla base di una prima valutazione clinica. Le sedute di osservazione gioco rappresentano quindi sia un momento di indagine e  comprensione, ma anche un momento di trasformazione: è nel gioco infatti che si entra in contatto con il nucleo profondo del Sé e con gli aspetti vitali e gli atti creativi. 
Tutto ciò nasce non solo nel gioco in sé, ma anche nella relazione che da esso si sviluppa nel campo terapeutico. Proprio all'interno della relazione e del gioco infatti viene promossa e favorita anche la strutturazione del pensiero e del linguaggio. 


Nei percorsi di valutazione e psicoterapia con i bambini e ragazzi è quindi importante che lo psicologo porti la sua attenzione non soltanto al bambino, alla sua sintomatologia, ai vissuti ed emozioni, al comportamento, al gioco, ecc. ma è altresì importante che possa portare la sua attenzione anche al campo relazionale che nella stanza di terapia si forma. 

Si tratta di un campo relazionale in cui lo psicoterapeuta entra come osservatore partecipe, come elemento che fa parte del campo e che contribuisce a costituirlo, che osserva il bambino nel gioco, sia nelle sedute individuali che nelle sedute di osservazione gioco con il/i genitore/i, facilitando in tal modo l'emergere di contenuti intrapsichici e relazionali sui quali si può insieme lavorare.


Interessante a tal fine quanto scrive Montecchi nel suo volume "Dal bambino minaccioso al bambino minacciato":

“L’osservazione partecipe non è soltanto l’osservazione oggettiva, ma presuppone l’instaurarsi di un campo osservazionale in cui non è presente solo il bambino osservato, ma anche la relazione tra l’adulto osservante ed il bambino osservato. Pur essendo una tecnica, essa si fonda sull’atteggiamento interno dell’operatore, richiedendo un assetto mentale ed emotivo che può essere usato anche al di fuori del contesto osservativo. […]

L’origine di questa tecnica […] è collegata alla metodica della baby observation, utilizzata nei training di formazione degli analisti infantili e ideata da Ester Bick (1964).

Mentre la baby observation è fatta in famiglia, l’osservazione partecipe è compiuta in un contesto clinico, ben diverso dal teatro familiare. La presenza attenta dell’osservatore, che osserva in maniera empatica e contenitiva ciò che accade in un contesto apparentemente “artificiale”, in una sorta di laboratorio, facilita l’emersione di contenuti emotivi intrapsichici e relazionali, che possono essere anche molto arcaici.

Nel contesto clinico, le sedute di osservazione partecipe sono svolte nella stanza di gioco, sia con il bambino da solo, sia con il bambino e con i suoi genitori (alternativamente ed insieme). Il bambino è poi anche osservato all’interno di un gruppo di bambini.

Questo contesto osservativo non permette solo di far emergere, e quindi di valutare, i processi mentali del bambino e le sue relazioni con i genitori e con il mondo esterno, ma assume anche valenze terapeutiche. Durante le sedute individuali di osservazione partecipe, il bambino, specie se problematico o abusato, fa un’esperienza insolita, trovandosi a interagire in modo diretto ed indiretto con un adulto che lo osserva e lo contiene empaticamente mentre, nelle sedute di osservazione con il genitore, osserva un genitore osservato, che a sua volta osserva il suo essere osservato. Quest’intreccio di osservazioni predispone lentamente sia nel bambino, sia nel genitore, un campo relazionale in cui è possibile iniziare ad accogliere, sentire e poi gradualmente pensare ciò che accade (Milano, Montecchi, 1994).

In questa situazione anche il genitore fa un’esperienza emotivamente importante. Egli non solo interagisce con il figlio secondo le consuete modalità relazionali, ma, osservando l’osservatore che li osserva, sperimenta un diverso modo di guardare il bambino. ciò è particolarmente importante nei casi in cui, come negli abusi, la relazione genitore-figlio non è centrata sul pensare, sentire, accogliere e pensare, ma sull’agire. L’osservazione partecipe va quindi ad attivare la funzione osservante del genitore e quest’attivazione ha una importante ricaduta terapeutica, specie in quei genitori che sono rimasti legati ad una immagine ideale di figlio e non sono mai riusciti a confrontarsi con i bisogni emotivi, affettivi e fisici del figlio reale, durante le diverse tappe evolutive. Diviene quindi possibile ridurre la scissione tra il bambino idealizzato e quello reale.” (F. Montecchi, 2005, pag. 149-150).



BIBLIOGRAFIA
  • Bick E. (1964), "Note sull'osservazione del bambino nel training psicoanalitico", in Harris M., Bick E., "Il modello Tavistock. Scritti sullo sviluppo del bambino e sul training psicoanalitico", Astrolabio, Roma, 2013. 
  • Cresti L., Farneti P., Pratesi C., "Osservazione e trasformazione. L'infant observation nella formazione, la prevenzione e la ricerca", Ed. Borla, Roma, 2001.
  • Klein M. (1932), "La psicoanalisi dei bambini", Martinelli, Firenze, 1989.
  • Montecchi F. , "Dal bambino minaccioso al bambino minacciato", Ed. FrancoAngeli, Milano 2005.


Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay