REGOLAZIONE E RELAZIONE MAMMA-BAMBINO

L’AUTOREGOLAZIONE NEL BAMBINO DA 0 A 3 ANNI E I SUOI DISTURBI

Il neonato incontra il mondo

Fin dalla nascita il bambino si trova esposto a molti tipi di stimoli diversi. Anche se i genitori fanno il possibile per assicurare al neonato e poi al bambino nei suoi primissimi anni di vita un ambiente tranquillo, silenzioso, poco intrusivo, non disturbante, sarà inevitabile e necessario per ogni bambino entrare in contatto con numerosi stimoli, sia interni che esterni, più o meno piacevoli.

Quali sono gli stimoli esterni? Il bambino potrà ad esempio incontrare nella sua quotidianità diversi stimoli visivi e luminosi, come quando passa dalla condizione di sonno a quella di veglia e aprendo gli occhi vede la luce; o come quando un raggio di sole dalla finestra lo disturba; o come quando la mamma avvicinandosi entra nel suo campo visivo. Potrà incontrare poi stimoli acustici più o meno gradevoli, dalla voce della mamma o del papà che dolcemente lo culla, al rumore forte di un cucchiaio che cade. Ci saranno poi tutti gli stimoli tattili che si presenteranno al contatto con le sue mani e la sua pelle: dal morbido bordo di raso della copertina al giochino più duro e consistente, dal contatto con l’abbraccio caldo e avvolgente di papà al contatto con il sottile lenzuolino della culla, dal pannolino che tocca la pelle alla fresca pomata lenitiva. Anche gli stimoli connessi a gusto e olfatto infine porteranno altri elementi nel suo mondo. A tutti questi si aggiungono naturalmente anche gli stimoli interni.

Quali sono gli stimoli interni? Sono ad esempio tutti quelli che derivano dalla percezione di sé, tutti gli stimoli propriocettivi: ad esempio la sensazione di fame o di sazietà, il dolore dovuto alla colichetta, una certa sensazione di sonno, la percezione del movimento del proprio braccio che si sposta, la sensazione di essere preso e sollevato dal lettino, il cambio di posizione da sdraiato a sollevato, ecc.

Sono quindi numerose le sensazioni e gli stimoli con cui il bambino entra in contatto. Ma cosa succede quando il neonato si trova esposto a tutto ciò? Come lo affronta? Come lo elabora? Ha già le capacità per organizzare tutta questa esperienza o ne risulterà in qualche modo soverchiato e sopraffatto?

La quantità di stimoli cui il bambino è quotidianamente esposto è sicuramente notevole, ma normalmente egli può fare affidamento su due tipi di risorse per affrontare ed elaborare tutto ciò: la sua predisposizione innata all’autoregolazione e i processi di regolazione reciproca con il caregiver.


L’autoregolazione del bambino e la regolazione reciproca con il caregiver

Nel bambino si può notare fin dalla nascita una capacità di autoregolazione dei propri stati e una capacità di organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali adeguate. Questa capacità gli consente di organizzare in modo elementare le diverse sensazioni visive, tattili, uditive, sensomotorie, e di sviluppare successivamente, all'interno delle ripetute interazioni nella diade mamma-bambino, un processo di regolazione.

È infatti proprio all’interno della matrice interattiva di caregiving (e cioè all’interno della relazione reciproca tra bambino e il “caregiver”, cioè la mamma o altro adulto significativo), che la predisposizione biologica del bambino a reagire in modo unico e individuale agli eventi ambientali e all’esperienza affettiva vengono alterate e influenzate dalla relazione con il caregiver. L’interazione tra i due infatti va ad influenzare la biologia stessa dello sviluppo, in quanto favorisce lo sviluppo di quei percorsi neuronali che sono ripetutamente attivati nel corso dell’infanzia (Schore, 1994).

È chiaro quindi che, a fronte di una “dotazione di base” del bambino in termini di “temperamento” e di capacità di base di autoregolazione, sarà poi la relazione di caregiving a fare la differenza. E quindi “differenti relazioni di caregiving avranno un impatto forte sulla capacità del bambino di modulare l’input sensoriale, di mantenere uno stato affettivo calmo e positivo e di sviluppare le capacità di regolare gli affetti e il comportamento. Si presume che pattern di irritabilità e reattività elevata siano modificabili, almeno in parte, da una relazione di caregiving sensibile e che esperienze positive di regolazione reciproca influenzino lo sviluppo del cervello e la personalità. Al contrario l’equilibrio emotivo di un bambino può essere disturbato da esperienze di caregiving negative e difficoltà intrinseche possono essere aumentate da esperienze non empatiche” (Ammaniti, 2001).

È quindi la relazione caregiver-bambino che viene riportata alla nostra attenzione in quanto è qui, attraverso la ricerca di un adattamento ottimale, che è possibile favorire lo sviluppo di strategie di regolazione reciproca positive.

Affinché queste possano svilupparsi è necessario che il caregiver sia in grado di rispondere allo stato del bambino in modo adeguato e contingente, in modo che il bambino possa sviluppare progressivamente una coerenza sempre maggiore e sentirsi progressivamente sempre di più agente della propria autoregolazione.

Le strategie di regolazione sono infatti inizialmente fornite dal caregiver, ma successivamente devono essere interiorizzate dal bambino e generalizzate, in modo da includere progressivamente anche la regolazione degli stati affettivi, l’attenzione e l’organizzazione di comportamenti complessi, che comprendono anche le interazioni sociali.

Una interazione caratterizzata da elasticità, da sincronia, da reciprocità e da sintonia nello scambio affettivo sembra essere alla base di uno sviluppo sano e non patologico.

Al contrario interazioni caregiver-bambino caratterizzate da modelli di regolazione reciproca non adeguati e sincronici sembrano essere alla base di disturbi relazionali della prima infanzia. Tali interazioni possono andare nella direzione dell’iper-regolazione (quando le modalità intrusive e insensibili di interazione del caregiver non permettono al bambino di segnalare autonomamente il suo stato, di dare inizio ad una interazione e di partecipare ad essa in modo attivo) o dell’ipo-regolazione (quando il bambino non può modulare i suoi stati affettivi perché sono carenti le risposte sensibili e sincroniche da parte del caregiver che sostengano una regolazione reciproca, oppure quando i tempi di risposta del caregiver non sono sincronici con quelli di segnalazione dello stato da parte del bambino, causando confusive oscillazioni tra risposte di iperregolazione a risposte di iporegolazione).

Queste regolazioni che, come dicevamo, sono reciproche, possono essere influenzate dai contributi apportati nella relazione sia dalla caregiver e dalle sue caratteristiche (es. depressione, rappresentazioni particolari del bambino), sia dal bambino e dalle sue caratteristiche (es. congenita difficoltà nel processo di regolazione). Ad ogni modo all’interno della relazione diadica, sia il caregiver che il bambino possiedono in una certa misura la capacità di adattarsi alle caratteristiche dell’altro e di andare progressivamente verso processi più adeguati di regolazione reciproca.

 

I disturbi della regolazione  

Ci sono tuttavia altre situazioni nelle quali il bambino presenta, già dai primissimi mesi di vita, delle differenze individuali nella capacità di autoregolazione. Queste differenze possono essere dovute a variazioni costituzionali che in alcuni casi possono andare a compromettere le capacità che il bambino ha di regolare i processi fisiologici, sensoriali, motori, attentivi, affettivi, o la capacità di organizzare stati di calma e di vigilanza o stati affettivamente positivi. In questi casi, quando sono presenti difficoltà specifiche nella capacità sensoriali o sensomotorie o nel modo di processare le informazioni, si può parlare di disturbo della regolazione.

Secondo la Classificazione diagnostica 0-3 affinché si possa parlare di disturbi della regolazione, devono essere presenti non solo i sintomi della sfera comportamentale, ma anche difficoltà sensoriali e sensomotorie o di elaborazione delle informazioni.

In linea generale la Classificazione diagnostica 0-3 individua 3 tipi principali di disturbi della regolazione:

Tipo I - Ipersensibile: caratterizza bambini iper-reattivi e ipersensibili agli stimoli secondo due modalità caratteristiche: a) Pauroso e cauto; b) Negativo e provocatore.

Tipo 2 – Iporeattivo: bambini iporeattivi agli stimoli esterni secondo due modalità: a) Distratto e difficile da coinvolgere; b) Autocentrato.

Tipo 3 – Disorganizzato sul piano motorio, impulsivo.

I disturbi, per quanto presenti in questi casi su base congenita e maturativa, possono essere fortemente influenzati, come abbiamo visto prima, dalla matrice interattiva di caregiving e quindi dalle modalità di cura che il bambino sperimenta. L’analisi dei meccanismi di regolazione reciproca diventa quindi fondamentale per ipotizzare il decorso che avrà il disturbo e per immaginare un intervento.

 

Il modello di regolazione reciproca di Tronick

Il modello di regolazione reciproca di Tronick ci permette di osservare i meccanismi di autoregolazione e di eteroregolazione del neonato nei primi mesi di vita.

Si può affermare che il sistema di regolazione del bambino non riguarda solo lui, ma è fondamentalmente un sistema diadico, in quanto dipende sia dal bambino sia dalla madre. Infatti il bambino deve percorrere due vie per gestire la regolazione: deve regolare il suo stato emozionale interno, e deve regolare il suo impegno nella relazione con il caregiver in tutti quei momenti che segnano delle rotture o dei cambiamenti, come ad esempio quando sperimenta un po’ di fame.

Al fine di regolare il suo stato emozionale interno, egli può far ricorso, nel momento in cui sperimenta una difficoltà (ad esempio quando sperimenta una sensazione di disagio connessa a stimoli di fame, o a un rumore eccessivo, o al momentaneo allontanamento della  mamma) ad una serie di comportamenti che lo aiutano nella regolazione. 

Può ad esempio attuare strategie di ritiro o di evitamento per ridurre lo stimolo ambientale disturbante; oppure può mettere in atto strategie di autoconsolazione come succhiarsi il pollice.

Tuttavia queste strategie non possono essere sufficienti e sono ancora troppo immature per essere risolutive. È necessario l’intervento del caregiver, che deve essere in grado di interpretare lo stato del bambino e di fornire strategie di regolazione aggiuntive. 

Il bambino, da parte sua, contribuisce mettendo in atto altri comportamenti di regolazione rivolti al caregiver, come ad esempio il sorriso o il ritiro, che segnalano all'adulto lo stato del bambino e lo conducono così a continuare una interazione positiva oppure ad interromperne una negativa. In questo modo, grazie alle risposte adeguate del caregiver ai comportamenti del bambino, quest'ultimo è in grado di mantenere una regolazione di sé e dell'interazione. 

Si tratta quindi di un processo continuo, che passa attraverso fasi progressive di rottura e riparazione. Può infatti capitare molte volte, anche nelle migliori relazioni mamma-bambino, anche quando tutto procede al meglio, di incontrare dei momenti di rottura, dei momenti in cui la sintonia, la sincronicità, la sensibilità della risposta del caregiver al bambino non è adeguata. 

Ma quello che accade in questi casi è che la rottura può diventare un elemento positivo di evoluzione, purché la regolazione reciproca venga ripresa e riparata subito dopo.

Attraverso le rotture e le successive riparazioni il bambino può infatti non solo maturare nuove strategie per sopperire al momentaneo scollamento della rispondenza materna, favorendo un suo progresso evolutivo, ma può anche imparare che la sua relazione con la mamma è generalmente ben regolata, in quanto è riparabile.

Un esempio chiaro di questo è osservabile nel video del classico esperimento di Tronick "Still Face Experiment":

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BIBLIOGRAFIA:
  • Ammaniti M., Manuale di psicopatologia dell'infanzia", Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001
  • Schore A.N., "La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé", Casa Editrice Astrolabio, Roma, 2008