IL GIOCO - Parte I - Definizioni e funzioni del gioco


Il gioco

Cos’è il “gioco”? Cosa distingue il gioco del saltare la corda da un duro esercizio da palestra? Cosa fa sì che definiamo gioco il “fare come mamma” prendendo uno straccetto per spolverare, e non riteniamo un gioco le vere faccende domestiche? E cosa distingue il nascondino da una partita a carte tra adulti? Definire cosa sia “gioco” è più complesso di quanto sembri.

I giochi occupano gran parte del tempo libero dei bambini, e continuano, in modo diverso, anche nella vita adulta. Quello che li accomuna è non tanto la caratteristica dell’attività in sé, quanto la disposizione comportamentale che li accompagna, riferibile ad un ampio insieme di attività, di azioni, di situazioni ma che è caratterizzata da una chiara motivazione interna, in grado di coinvolgere direttamente e profondamente chi gioca. Ciò che li definisce da un punto di vista psicoanalitico inoltre è (come vedremo nella parte II) il collocarsi in un’area dell’esperienza che non è né all’interno del soggetto né al suo esterno, ma in un’area intermedia.

 

I diversi tipi di giochi e le loro funzioni

I giochi cambiano con l’età del bambino e svolgono funzioni diverse:

-   Nel primo anno di vita compare il gioco d’esercizio: sbattere un sonaglio, mettere e togliere qualcosa dalla bocca, battere le mani, oppure una combinazione di più giochi di esercizio. Sono giochi caratterizzati dal piacere dell’esercizio stesso, non finalizzati al conseguimento di un obiettivo, ma legati al gusto di padroneggiare gli schemi comportamentali, sensomotori, cognitivi ed emotivi. Consentono l’esplorazione del mondo e l’esplorazione di sé stessi in relazione al mondo, sostenendo la formazione della prima distinzione tra me e non-me; facilitando lo sviluppo del repertorio sensomotorio e delle diverse abilità cognitive ed emotive.

-   Nel periodo che indicativamente va dai 18 ai 24 mesi (con normali differenze interindividuali) si sviluppa il gioco simbolico, che coinvolge capacità cognitive più complesse, quali quella rappresentativa, che consente di “far finta” che qualcosa “stia per” qualcos’altro, prima in modo semplice (es. far finta di dormire appoggiando la testa sul cuscino), poi imparando ad applicare gli schemi simbolici a nuovi oggetti (es. far finta che l’orsetto dia un dolcetto alla mamma), e infine combinando diversi simboli in giochi più complessi. Compare inoltre il gioco sociodrammatico, costituito da una versione a più partecipanti del gioco simbolico individuale, frequente soprattutto tra i 3 e i 6 anni di età.

I giochi simbolici svolgono tre funzioni importanti: compensatrice (es. usa un suo gioco come fosse il cellulare della mamma con cui gli è vietato di giocare), di liquidazione dei conflitti (es. sgrida la bambola ripetendo una sua situazione spiacevole vissuta quando è stato sgridato/a), di anticipazione del desiderio (es. anticipa la gita dalla nonna). Tutto ciò favorisce lo sviluppo di una crescente capacità di regolazione emotiva e di gestione dello stress.

Ma i bambini sono effettivamente in grado di distinguere la finzione dalla realtà? Per loro ora non è importante farlo. Per un bambino che offre “il caffè” alla mamma, quello è veramente caffè, pur sapendo allo stesso tempo che nella realtà in quella tazzina non c’è nulla; egli permane nel paradosso tra realtà e finzione e lo accetta. La psicoanalisi, in particolare con Winnicott, ci dà ulteriori indicazioni definendo l’area di gioco come una area intermedia, che non è completamente al di fuori del bambino ma non è neanche al suo interno, e che si sviluppa attraverso le primissime interazioni con la mamma. Il bambino, pur senza allucinare, mette fuori da sé un elemento del suo mondo interno e lo integra con frammenti di realtà, dando vita a qualcosa di nuovo nell’area di gioco (per approfondire: “Il gioco – parte II – la psicoanalisi”). È chiaro quindi il ruolo importante che avrà il gioco, cui qui ci riferiamo nel suo senso più esteso, nella costruzione della realtà del bambino, nella costruzione del , e di una sana interrelazione tra di essi.

-   Nel periodo che inizia intorno ai 7/8 anni si sviluppa il gioco con regole, che può coinvolgere anche giochi di esercizio e/o giochi simbolici, integrati però in una struttura più complessa garantita da regole. Il gioco con regole segna l’inizio anche del gioco sociale in senso stretto, caratterizzato dalla condivisione con altri bambini. Durante l’età scolare infatti, superata la fase di egocentrismo, i bambini iniziano a percepire il significato interpersonale delle regole, sentono il dovere di rispettare le regole del gioco, cosa che non accade per i bambini più piccoli. Si può quindi solo ora parlare di gioco sociale in senso stretto, anche se naturalmente compaiono già in età antecedenti forme diverse e più semplici di gioco sociale (es. giochi sociali di tipo imitativo già a 6 mesi d’età; i giochi sociali di tipo complementare come il “cucù” già a 10 mesi; i giochi reciproci, invece, che sono i precursori dei più evoluti giochi di regole, richiedono un ulteriore sviluppo del bambino). Attraverso la ripetizione di giochi con regole e sociali il bambino inizia a sviluppare le sue abilità sociali, impara la cooperazione e la condivisione, sviluppa il senso morale legato al rispetto delle regole, e attraverso di essi vengono sviluppate le prime forme di amicizia, che non sono più solo un “giocare insieme” (attraverso forme di gioco “parallelo”, ma con scarne interazioni sociali e ludiche nel senso stretto del termine), ma diventano uno “stare insieme”, con un gioco ora veramente sociale, sia esso cooperativo o competitivo.

Le funzioni del gioco

Le funzioni del gioco variano dunque in base al tipo di gioco e alla fase evolutiva cui ci riferiamo. Ma in linea generale possiamo ricordare che il gioco è fondamentale nello sviluppo del bambino, è a suo modo un impegno serio, richiede tempo, dedizione, concentrazione.

Il gioco è utile per lo sviluppo psicologico e sostiene lo sviluppo delle strutture e delle funzioni cerebrali ancora in accrescimento; favorisce lo sviluppo cognitivo e socioemotivo del bambino, la regolazione emotiva e riduce lo stress.

Inoltre il gioco sostiene lo sviluppo delle strutture psichiche del bambino e attraverso di esso si sviluppa – come vedremo nella parte II – la prima distinzione tra me e non-me nel bambino in relazione con la mamma (o altra figura di cura).

Gioco, tempo libero e nuove tecnologie

I bambini devono quindi avere la possibilità di giocare e di sperimentarsi nel gioco in modo creativo, di sperimentare in esso l’intera personalità, e di scoprire così il proprio .

Eppure in una quotidianità sempre più frenetica e in cui spesso i bambini hanno una agenda fitta quasi quanto quella dei genitori, rimane a volte poco tempo per il gioco. Inoltre, complici le nuove tecnologie, spesso ne risente soprattutto il gioco libero e creativo dei bambini, che si trovano così impegnati in forme di gioco ripetitivo e poco sociale offerto dai loro device (smartphone, tablet, ecc.).

Ed è proprio sulla base del riconoscimento dell’importanza del gioco e delle difficoltà che i bambini sempre più spesso hanno nel ricorrervi liberamente e in modo creativo che, oltre ai già noti rischi segnalati dagli psicologi, anche i pediatri hanno emanato di recente dei comunicati che fanno riflettere e sono un po’ lo specchio dei tempi.

Nel primo la Società Italiana di Pediatria ha segnalato il rischio che l’uso di smartphone e altri device ha sullo sviluppo dei bambini: questi non devono essere utilizzati da bambini di età inferiori ai 2 anni (e invece purtroppo spesso vengono utilizzati come mezzo per distrarli e calmarli), e non devono essere usati durante i pasti o prima di andare a dormire. Per i bambini dai 2 ai 5 anni l’utilizzo può essere al massimo di un’ora al giorno, di due invece per i bambini fino agli 8 anni, ma sempre lontano da pasti e dai riposi. Lo spirito dei tempi sembra tristemente ma efficacemente illustrato da una vignetta:
gioco smartphonejpg

Nel secondo comunicato la preoccupazione si sposta in un panorama internazionale e riguarda il gioco nel tempo libero. La American Academy of Pediatrics segnala il rischio correlato al desiderio di offrire troppe “occasioni di arricchimento” ai propri figli, fornendo loro un’agenda piena di impegni, corsi, laboratori, riducendo il tempo del gioco. C’è sicuramente alla base un desiderio lodevole di offrire ai propri figli le migliori occasioni possibili, ma se la motivazione è sicuramente buona, non sempre lo è il risultato, con il rischio che uno scarso ricorso al gioco libero non consenta, come segnalano i pediatri, un sano sviluppo delle funzioni cerebrali, cognitive, sociali, emotive, aumentando invece lo stress; accade così che molti pediatri prescrivano il gioco (come prescrivono i farmaci) durante le visite.

Cosa fare dunque? Non si può eliminare la tecnologia, né lasciare i bambini senza le giuste occasioni di arricchimento, ma lo si può fare con senso critico e attenzione, consapevoli dell’importanza del gioco per i motivi visti prima. I genitori e gli educatori diventano elementi fondamentali per garantire un uso corretto del tempo e del tipo di gioco utili a favorire uno sviluppo sano del bambino: essi possono garantire un sano sviluppo fornendo gli spazi e i tempi giusti di gioco e offrendo una loro attiva partecipazione al gioco stesso che consenta anche nell’interazione di scoprire e favorire tutte le altre potenzialità dello sviluppo.