I DISTURBI D'ANSIA

“L’ansietà è un sottile rivolo di paura che si insinua nella mente. Se incoraggiata, scava un canale nel quale tutti gli altri pensieri vengono attirati.”    

(R. A. Bloch)

Ciascuno di noi può facilmente trovare nella propria memoria momenti in cui ha sperimentato una certa quota di ansia: un esame a scuola, una visita medica, un colloquio di lavoro, ma anche un primo appuntamento, e così via. L’ansia è infatti, quando rimane entro limiti tollerabili, un’esperienza comune, ed ha una ruolo evolutivo fondamentale in quanto “segnale di allarme” che consente un’attivazione del sistema neurovegetativo al fine di aumentare la vigilanza e di dare una risposta rapida ed efficace al “pericolo”. In particolare si può definire la paura come la reazione ad un pericolo reale o percepito, mentre l’ansia ha maggiormente a che fare con l’anticipazione di un pericolo futuro.

Quando questa attivazione diventa eccessiva, o quando non è più in relazione con una situazione di “pericolo”, ed interferisce con la quotidianità dell’individuo, andando ad incidere negativamente negli ambiti personale, relazionale, lavorativo, allora potremmo essere in presenza di un disturbo d’ansia.

La psicoterapia consente di superare queste difficoltà, per mezzo di una indagine dell'origine dell'ansia, una maggiore integrazione di aspetti precedentemente non integrabili, una maggiore capacità di gestire le situazioni di ansia con una crescente percezione di controllo interno.


Cosa è il disturbo d’ansia e come si manifesta? La sintomatologia ansiosa.


I disturbi d’ansia si manifestano principalmente per mezzo di un’attivazione fisiologica eccessiva e inadeguata (tachicardia, sudorazione, tremore, vasocostrizione, alterazioni del respiro, ecc.), uno stato psichico caratterizzato da costante preoccupazione e apprensione,  ed una risposta comportamentale inappropriata (fuga o evitamento, oppure irrigidimento) in presenza di una situazione o di un oggetto percepiti consciamente o inconsciamente come possibile fonte di “pericolo”. L’ apprensione, la preoccupazione, la paura raggiungono un livello eccessivo anche nelle normali circostanze della quotidianità e in assenza di gravi e realistiche motivazioni. L'ansia può così andare ad interferire con i diversi ambiti di vita del soggetto (il lavoro, le prestazioni scolastiche, le relazioni interpersonali, ecc.), diventando difficile da controllare; tutto ciò si accompagna a sintomi quali tensione muscolare, irritabilità, affaticabilità, disturbi del sonno, sensazione di essere bloccato o di “essere al limite”, agitazione, difficoltà di concentrazione.

La sintomatologia, pur avendo alcune caratteristiche comuni nelle diverse forme di disturbi d’ansia, può essere in alcuni aspetti diversa in base alla specifica forma di disturbo presentata da ciascuno. Possiamo ricordarne alcune tra le principali: il disturbo d’ansia da separazione (tipico dell’infanzia, si manifesta con una paura eccessiva – rispetto al livello di sviluppo raggiunto – di perdere la figura di attaccamento, o che questa venga ferita o muoia; si può manifestare sia attraverso ansia eccessiva che attraverso una sintomatologia somatica o incubi); le fobie specifiche (molto presenti nell’infanzia, spesso perdurano nell'età adulta, portano a comportamenti di evitamento o fuga dall’oggetto o situazione fobica, eccessivi rispetto al rischio reale, e inducono una attivazione fisiologica e comportamentale immediata con ridotto accesso alle emozioni o alla elaborazione cognitiva); la fobia sociale (con evitamento o ansia eccessiva nei contesti sociali, in cui si teme di essere giudicati); gli attacchi di panico (con paura e ansia intense che raggiungono un picco in pochi minuti, con manifestazioni importanti sul piano neurovegetativo, fisico e cognitivo; viene frequentemente riportata la sensazione di “sentirsi morire”).


Il vissuto soggettivo nel disturbo d’ansia. Cosa sente chi soffre d’ansia?


Chi soffre di un disturbo d’ansia si sente spesso confuso: il funzionamento cognitivo può risultare in parte compromesso da un eccessivo livello di ansia, e si sperimenta allora difficoltà di pensiero, disorientamento, alti livelli di distrazione. Allo stesso tempo si può focalizzare la residua capacità di pensiero su alcuni temi ansiogeni dominanti, per cui il soggetto si trova ad immaginare possibili scenari, terribili o addirittura catastrofici, frequentemente connessi a paure di abbandono o rifiuto, oppure alla paura di perdere il controllo del proprio corpo, di morire, o di perdere la propria sicurezza. A volte, come capita a chi soffre di attacchi di panico, il pensiero può focalizzarsi sulla “paura di avere paura”, e ciò spesso produce importanti strategie di evitamento, con conseguente restrizione della propria vita sociale, lavorativa, di relazione, per la paura di avere ulteriori attacchi di panico.

Sul piano affettivo il vissuto può essere diverso in base al tipo di disturbo d’ansia implicato. Si possono ad esempio sperimentare ansie connesse alla paura di perdere un altro significativo, con vissuti di rabbia, depressione e/o colpa, ma anche con la paura di perderne l’amore e quindi con la sensazione di essere rifiutati, di non avere valore, di non essere amabili. Possono inoltre essere presenti stati affettivi maggiormente connessi ad angosce di annichilimento, con una sensazione di avere un’ansia fuori controllo, di perdersi, di sentirsi travolto e distrutto dall’ansia. Oppure si possono sperimentare angosce di frammentazione, con paura della disintegrazione del sé. Ci possono poi essere angosce legate alla paura di subire un danno al proprio corpo.

Ed è infatti proprio sul piano somatico, del corpo, che i disturbi d’ansia si manifestano in modo importante. Chi soffre di disturbi d’ansia può infatti sentire il cuore che batte improvvisamente come “volesse uscire dal petto”, oppure può sentire disturbi fisici vari tra i quali difficoltà a respirare o un cerchio alla testa, o ancora soffrire vari disturbi gastroenterici (dispepsia, diarrea, nausea), o può avere delle urgenze fisiologiche non gestibili connesse a defecazione o minzione, oppure può sentirsi teso, bloccato, sudato, o infine può arrivare ad avere la sensazione di essere disconnesso dal proprio corpo.

I disturbi d’ansia coinvolgono anche la sfera delle relazioni con gli altri: spesso chi ne soffre sente la necessità di avere al suo fianco qualcuno da cui ottenere rassicurazioni, e ci possono essere modalità relazionali che rappresentano nel rapporto con gli altri la paura di essere rifiutati o abbandonati, ed il bisogno di aggrapparsi all’altro. Oppure ci possono essere pattern relazionali che al contrario evidenziano il conflitto relativo al tema della dipendenza dall’altro, o ancora oscillazioni tra il bisogno di avvicinare gli altri e quello di allontanarsene. Ogni specifica situazione di ogni soggetto necessita una valutazione accurata.


Diagnosi e terapia


Una corretta diagnosi è fondamentale, e deve essere svolta dal clinico prendendo in considerazione l’età di insorgenza, la durata, la sintomatologia, l’oggetto d’ansia, il contesto. I disturbi d’ansia possono infatti essere di vario tipo in base a diversi fattori, ma una corretta diagnosi differenziale fatta dallo specialista consentirà di pianificare un intervento adeguato. La diagnosi di disturbo d’ansia va posta dopo aver escluso problematiche su base medica, connesse ad altre patologie (es. patologia cardiaca o dell'apparato respiratorio), o ad uso di sostanze, o ad altri disturbi psicopatologici.

I disturbi d’ansia possono manifestarsi ad ogni età, anche se è frequente una loro prima insorgenza in età infantile. In questo caso, se non trattati, i disturbi tendono a persistere anche in età adulta. La loro frequenza risulta maggiore nelle donne, con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini; questa differenza può essere dovuta a fattori ormonali e biologici ma anche a fattori culturali, in quanto le donne subiscono una pressione culturale maggiore a occuparsi e “preoccuparsi” degli altri prima che di sé, con conseguenti ripercussioni sulla sfera psichica, ma al contempo ad esse è anche maggiormente riconosciuta e consentita culturalmente, a differenza degli uomini, la possibilità di parlare liberamente dei propri vissuti con un terapeuta.

La terapia deve occuparsi sia delle componenti cognitive che delle esperienze emotive connesse all’ansia. In particolare la psicoterapia psicoanalitica consente di lavorare affinché si ristabilisca una integrazione delle due componenti (affettive e cognitive) e una riduzione della somatizzazione.

L’approccio psicoanalitico, pur occupandosi necessariamente anche di ridurre i sintomi, non si limita soltanto a questo aspetto: favorisce anche una maggiore esplorazione della natura e delle origini dell’ansia; in tal modo il paziente può raggiungere una maggiore conoscenza e consapevolezza della dinamica sottesa e può sperimentare un maggiore senso di controllo, e ciò a sua volta può sostenere la sua capacità di intervenire non solo sulla riduzione della sintomatologia attuale, ma anche di prevenire in futuro altri episodi d’ansia, consentendo dunque di ottenere risultati più stabili nel tempo e riducendo il rischio che il disturbo si manifesti ancora.


BIBLIOGRAFIA:

  • A.P.A. - American Psychiatric Association, “DSM-5 - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fifth Edition”, American Psychiatric Publishing, Washington DC, 2013
  • AA. VV., “PDM – Manuale Diagnostico Psicodinamico”, Raffaello Cortina Editore, Milano,  2008
  • Mc Williams N., (1994) “La diagnosi psicoanalitica”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1999

Il presente articolo è puramente informativo e non sostituisce la diagnosi di uno specialista. I contenuti sono descrittivi e rappresentano solo una breve e non esaustiva sintesi di alcuni aspetti clinici coinvolti nel disturbo.