IL BULLISMO

“Il male non è solo di chi lo fa: è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce”.  

(Tucidide)

Cos’è il bullismo


Il bullismo è un fenomeno riconosciuto e studiato solo negli ultimi decenni. I primi studi importanti sul bullismo risalgono agli anni ’70, quando Dan Olweus in Svezia approfondì il tema a seguito del suicidio di due studenti che non riuscivano più a tollerare le prepotenze dei loro compagni. Olweus definì vittima di bullismo chi viene sottoposto ad azioni negative ripetute e continuative da parte di una o più persone, e che ha difficoltà a difendersi. Ci sono quindi più componenti che vanno analizzate.

Innanzitutto il ragazzo o la ragazza vittima è sottoposto/a a delle azioni negative: il fatto che vengano considerate “negative” dipende da una valutazione soggettiva e contestuale dell’azione. Ad esempio una zia che pizzica la guancia del nipote non può essere considerato un atto di bullismo, mentre lo stesso comportamento in una relazione di altro tipo potrebbe essere un atto di bullismo, ed è importante pertanto ascoltare la vittima e il suo vissuto.

Quali sono quindi le caratteristiche di questa relazione che potrebbero far pensare ad un atto di bullismo?

Ci deve essere innanzitutto l'intenzionalità: deve essere presente un'intenzione di nuocere, di provocare disagio, o di manifestare il proprio dominio sull’altro. C’è inoltre di solito una asimmetria: pur sviluppandosi all’interno di relazioni tra pari, c’è un disequilibrio sul piano fisico, verbale o di potere tra bullo e vittima. C’è infine una persistenza nel tempo: le azioni sono ripetute e continuative, con l’individuazione di una vittima sulla quale si focalizzano gli episodi di bullismo. Tutto ciò fa sì che dopo alcuni episodi di bullismo si attivino nella vittima paure, disorientamento, e una serie di sequele che le rendono sempre più difficile ogni azione di difesa e di autotutela.

Gli episodi di bullismo si registrano soprattutto nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, ma possono presentarsi anche prima o coinvolgere i ragazzi fino anche i 18-19 anni.


I diversi tipi di bullismo


Possiamo distinguere tra bullismo diretto (quando c’è una relazione diretta tra bullo e vittima; può declinarsi in bullismo fisico, bullismo verbale, bullismo psicologico) e bullismo indiretto (quando è assente una relazione diretta tra bullo e vittima, e l’azione bullizzante si svolge prevalentemente attivando meccanismi di esclusione, agendo sulle relazioni sociali della vittima, o con la diffusione di calunnie sul suo conto e così via). Sono entrambi pericolosi e, nonostante il bullismo indiretto sia meno vistoso di quello diretto, non per questo produce minori danni.

Tendenzialmente queste due forme di bullismo sono presenti in modo diverso tra i gruppi di ragazzi e i gruppi di ragazze. Se infatti il bullismo maschile è soprattutto un bullismo di tipo diretto, fatto di violenze prevalentemente fisiche, ma anche verbali e psicologiche, il bullismo femminile si caratterizza invece per una maggiore presenza di forme di bullismo indiretto, in cui prevalgono azioni di esclusione sociale o di tipo istigatorio.

Il cyberbullismo, anche per la rilevanza che assume negli ultimi anni, con la crescente presenza degli adolescenti sulla rete, necessita di una attenzione particolare.

Con questo termine si indica l’insieme di azioni che vanno a colpire la vittima non più nella sua identità fisica, reale, ma nella sua identità digitale. Molto spesso questo fenomeno è caratterizzato da una trasposizione nella rete di atti di bullismo già esistenti in precedenza nel mondo reale. Mantiene le caratteristiche di intenzionalità, persistenza e continuità, asimmetria e negatività che abbiamo già visto nel bullismo, ma ad esso si sommano i disagi derivanti dalla rapidità e pervasività di diffusione delle informazioni digitali (che sono quindi immediatamente disponibili a tutta la cerchia sociale della vittima, andando ad "inquinare" anche le relazioni sociali che fino ad allora non erano state coinvolte negli episodi di bullismo "off-line", con i conseguenti effetti deleteri sul senso di Sé e sull’identità ancora in formazione del ragazzo, il quale all’improvviso si trova individuato come vittima in tutti i suoi differenti contesti sociali, anche in quelli in cui si sentiva fino ad allora sicuro). Il problema della persistenza delle informazioni sul web è rilevante in quanto, nonostante il presunto diritto all’oblio, non si riescono quasi mai a cancellare definitivamente le tracce e i dati condivisi, che nel frattempo possono ad esempio essere stati scaricati da altri utenti, salvati altrove e successivamente riproposti e condivisi; ciò può quindi condurre al rischio di una vittimizzazione ripetuta cui diventa sempre più difficile sottrarsi.


Gli attori sulla scena del bullismo


Le azioni di bullismo si svolgono nella maggior parte dei casi in presenza di un pubblico, quasi una sorta di scena teatrale in cui ciascuno ha il suo ruolo.

Il gruppo in età adolescenziale e preadolescenziale svolge infatti un ruolo importante nella vita dei ragazzi, in quanto nel gruppo e attraverso il gruppo essi vanno a costruire la propria identità. In questa fascia di età però i ragazzi sono alle prese con un’identità in cambiamento (per mutamenti fisici, psicologici, di contesto o legati ai normali fattori di sviluppo), un’identità che non è così facile acquisire, né può essere garantita in modo così immediato e semplice come avveniva fino a poco tempo prima grazie agli adulti di riferimento (in primis i genitori): ora va negoziata. Ciò può avvenire attraverso movimenti di omologazione e differenziazione con i genitori e con il gruppo, con movimenti contrapposti che si alternano per rispondere anche alle richieste contraddittorie che arrivano dall’esterno, determinando spesso confusione e frustrazione nel lungo percorso verso l’individuazione.

La frustrazione può provocare un disagio con esiti diversi, sia a livello individuale che di gruppo. Il disagio e la frustrazione possono ad esempio essere espulsi dal Sé dal soggetto che non riesce a gestirli, e possono essere così depositati nell’altro, che diventa la raffigurazione all’esterno delle proprie parti deboli non riconosciute, da cacciare, allontanare, negare, ed eventualmente bullizzare, in modo da ristabilire dentro di sé la convinzione difensiva di essere privo di queste parti. Oppure può ad esempio accadere che il gruppo, pervaso da queste frustrazioni, si costituisca in una “organizzazione di emergenza”, l’unica che il gruppo trova funzionale a tenere a bada la frustrazione stessa, e accade così che il gruppo agisca in assunto di base, in modalità di sopravvivenza, come narrato nel romanzo "Il signore delle mosche” di W. Golding.

La frustrazione ed il cambiamento nei gruppi possono invece avere esiti più favorevoli e adattivi quando ad esempio sono presenti dei riti di passaggio, che di solito sono codificati dagli adulti, mentre quando questi riti sono assenti troviamo al loro posto le ritualizzazioni, che sono invece fenomeni non codificati e di solito influenzati dalle mode del momento (come ad esempio il knock-out game), che non segnalano una fase di passaggio quanto la difficoltà a compiere questo passaggio.

Nel gruppo, quando si strutturano fenomeni di bullismo, i ragazzi o le ragazze si trovano a giocare diversi ruoli, spesso nel tentativo di gestire la frustrazione o di trovare una identità. Tra i principali riconosciamo:

- Il bullo: è la persona che mette in atto il comportamento lesivo e bullizzante. Le ricerche individuano nella genesi di questo ruolo delle componenti multifattoriali: vi si possono rintracciare spesso (ma non in modo esclusivo) elementi di personalità deviante, antisociali o comunque problematica; a volte arriva da contesti di disadattamento sociale o è stato vittima di violenza assistita in ambito familiare; i modelli genitoriali sono spesso non adeguati (eccessivamente permissivi o al contrario troppo repressivi); è esposto a stereotipi sociali estremi spesso derivanti dai media; ha sovente una storia di carenze educative, disattenzione, mancanza di controllo e di figure autorevoli. Il bullismo diventa frequentemente in un certo senso l’unico “linguaggio” che al bullo è famigliare e con cui egli riesce a comunicare e ad entrare in contatto con gli altri, a scuola come a casa, spesso qui con un’alternanza di ruolo bullo-vittima. E in questa relazione ricompare e si può incontrare anche quella fragilità che viene espulsa e affidata alla vittima, fragilità che andrebbe in qualche modo riconosciuta e accolta. In altri casi invece il bullo vive una fragilità più sottile, un Io fragile, magari in un contesto familiare adeguato e uno sviluppo all'apparenza sereno, eppure le sue parti fragili espluse e proiettate sulla vittima dove cerca di distruggerle testimoniano la complessità dei suoi vissuti.

- La vittima: è la persona che subisce le azioni di bullismo. Le ricerche evidenziano come esista una sorta di “scelta” della vittima: essa non è mai casuale ma individuata in base ad alcuni criteri principali che la rendono agli occhi del bullo un obiettivo facile. In particolare la vittima deve essere percepita come “diversa” per qualche motivo (i motivi più frequenti sono: portare gli occhiali, essere sovrappeso, non partecipare alle attività sportive); deve apparire come una persona che difficilmente riceverà aiuto da parte di altri (quindi tendenzialmente una persona dal carattere solitario, o timida); deve sembrare al bullo meno forte, sia sul piano fisico che psicologico. Con la vittima poi si instaura una dinamica vittima-carnefice con una polarizzazione dei ruoli e un incastro in cui l’uno è essenziale all’esplicitazione del ruolo dell’altro, con dinamiche a volte anche molto complesse.

- Lo spettatore è fondamentale affinché avvenga un atto di bullismo: in assenza di pubblico l’atto di bullismo perde gran parte del suo senso, perché viene a mancare la convalida sociale del potere del bullo e della sua identità (per quanto sia necessario ricordare che esistono, anche se meno frequenti, anche episodi di bullismo a due, in assenza di pubblico). È pertanto importante che i ragazzi siano resi consapevoli, anche attraverso azioni educative e informative adeguate, del ruolo che involontariamente potrebbero avere anche solo rimanendo ad osservare e così andando involontariamente a sostenere tali azioni.

- L’istigatore ha un ruolo più attivo dell’osservatore: pur non intervenendo in un rapporto diretto sulla vittima, conferma l’operato del bullo, sostenendolo e istigandolo a compiere ulteriori azioni bullizzanti.

Esistono poi tutti gli altri ruoli che compaiono sulla scena del bullismo: i complici, i fiancheggiatori, il gregario, ma anche gli adulti collusivi o distratti.


Quali sono le conseguenze a breve e lungo termine del bullismo?


Le vittime di bullismo possono sviluppare nel breve termine problematiche di vario tipo. Il fatto che il fenomeno si manifesti nell’età in cui si sta costituendo l’identità del ragazzo o della ragazza, età in cui la socializzazione ha un ruolo fondamentale per la costituzione del Sé ma anche per lo sviluppo di modelli relazionali sempre più complessi, precursori di quelli che saranno i ruoli sociali e relazionali dell’età adulta, rende particolarmente delicata la questione.

Gli episodi di bullismo possono interferire infatti con i normali compiti evolutivi che ogni ragazzo/a deve affrontare, e possono portare a sviluppare disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi di tipo depressivo, e a volte veri e propri disturbi da trauma (come accade per le violenze). Il disagio può manifestarsi anche in altri modi, ad esempio portando a disordini alimentari o a disturbi del sonno, e a una considerevole diminuzione dell’autostima. Sono presenti emozioni quali paura, rabbia, vergogna e senso di colpa. A volte la vittima sperimenta un sentimento di rabbia anche verso genitori, insegnanti o amici che non capiscono la sua difficoltà a reagire, la paralizzante paura che una vittima può provare e che gli impedisce di rispondere, come se egli sentisse che lo ritengono in qualche modo responsabile di essersi messo nel ruolo di vittima non reagendo, invece di capire la sua normale e naturale difficoltà in una situazione che, in fin dei conti, è di violenza.

Le conseguenze sul piano psicologico nella vittima sono purtroppo riscontrabili, in base alle ultime ricerche, anche ad anni di distanza, portando ad una notevole presenza di disturbi d’ansia, disturbi depressivi, attacchi di panico e in qualche caso allo sviluppo di ideazioni suicidarie anche in età adulta.

Diventa pertanto importante poter intervenire al più presto, prima che si cristallizzino e si cronicizzino dei disturbi già individuabili in età scolare.

Per i bulli la situazione non appare molto più facile. Abbiamo già visto le possibili origini multifattoriali e multiproblematiche del loro comportamento, e la probabile assunzione di un precendente ruolo di vittima nell’infanzia, prima di quello di bullo. Ed in età adulta anch’essi subiscono gli esiti del loro comportamento, sviluppando in prevalenza disturbi antisociali o disturbi depressivi. Dalle ricerche risulta inoltre alta anche la relazione tra l’aver perpetrato atti di bullismo e lo sviluppo di una personalità deviante o l’inserimento successivo in una carriera criminale.


Come intervenire


Possiamo per semplificare individuare due ambiti di azione, uno di tipo gruppale e uno di tipo individuale, ricordando però che al fine di trovare delle risposte efficaci sarà necessario analizzare ogni singola situazione con le sue specifiche caratteristiche.

Il bullismo, che è quasi sempre un fenomeno gruppale che per lo più si manifesta in ambito scolastico, necessiterebbe di un intervento di prevenzione e informazione all'interno dello stesso ambito.

Le agenzie formative, in primis scuola e genitori, dovrebbero quindi promuovere_

  • una formazione all’interazione tra pari (ad esempio con giochi di ruolo e scambi di ruolo vittima-bullo),
  • una formazione alle competenze digitali (le quali dovrebbero comprendere - è importante ricordarlo - non solo competenze tecniche ma anche umanistiche, necessarie ad esempio a riconoscere gli esiti a livello soggettivo e psicologico che subisce la vittima che vede la propria identità digitale compromessa sulla rete),
  • una formazione alle regole (ricordiamo che ad esempio molti bulli non si rendono conto di compiere in alcuni casi dei veri e propri reati e sottovalutano la forza e gli esiti delle proprie azioni).

A livello individuale diventa ancora più fondamentale l’ascolto della vittima per comprendere le dimensioni degli atti di bullismo subiti e la sofferenza non solo fisica ma soprattutto psichica causata da questi. Può rendersi utile un intervento di psicoterapia per ridurre gli esisti traumatici del bullismo e per sostenere l’empowerment e lo sviluppo della resilienza e della aree di forza.

Anche il bullo andrebbe sostenuto sul piano psicologico per aiutarlo a trovare strategie più adattive di gestione della frustrazione, per affrontare la sofferenza, o per indagare eventuali esperienze pregresse di vittimizzazione, o per favorire un’uscita da ritualizzazioni che vanno a ledere la vittima ma che producono come abbiamo visto anche degli esiti a lungo termine sul bullo stesso.



15 giugno 2017

Articolo a cura della dott.ssa Erika Debelli, la riproduzione parziale o totale dello stesso è consentita solo citando il nome dell'autrice.



BIBLIOGRAFIA

  • Giusio M., Quattrocolo A., “Elementi di vittimologia e victim support”, Giuseppe Vozza Editore, Caserta, 2014.
  • Golding W., “Il signore delle mosche”, Mondadori Editore, Milano, 2001.
  • Olweus D., "Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono", Giunti Editore, Firenze, 2007