L'ARTE DI RIPARARE CON L'ORO

Una delle cose che maggiormente apprezzo nel mio lavoro di psicoterapeuta è la possibilità di incontrare quotidianamente il cambiamento.

Si presentano nel mio studio persone diverse che, ognuna a suo modo, si sentono “fragili”, “ferite”, o che semplicemente pur ritenendosi “integre” capiscono di non riuscire più a vivere o ad esprimersi al proprio massimo, e per questo ne soffrono.

Ma quando scelgono di iniziare la psicoterapia, qualcosa inizia a cambiare. Certo non si può pensare di avere la bacchetta magica: i traumi, le patologie, le sofferenze che ognuno di noi incontra rimangono parte della nostra vita; questo è dolorosamente vero e reale. Ma quello che possiamo fare è dare loro un nuovo significato e trovare un nuovo equilibrio, nuove risorse, anche dentro di noi, e andare oltre.

Capita così di vedere che chi ha sofferto per un grave lutto o per una separazione diventa progressivamente in grado di elaborare la sofferenza e di arricchirsi recuperando tutti quei ricordi meravigliosi che sembravano spariti, nascosti dietro gli aspetti più dolorosi della perdita che irrompeva nella quotidianità. Oppure può capitare di vedere che chi si era smarrito nella ricerca di una solidità identitaria che non pareva raggiungibile, inizia a ricostruire il suo Sé e a fare delle scelte di vita più adattive. O ancora può capitare di vedere che il bambino che non riusciva più nemmeno a dormire può finalmente affrontare anche le sue notti più serenamente.

Certo i traumi, le ferite, e i disturbi sofferti rimarranno nella storia della persona, ma un buon percorso di psicoterapia potrà aiutare ad integrarli in modo positivo nella storia di vita personale e nella struttura psichica, e ad utilizzarli per costruirne qualcosa di nuovo, qualcosa di più, per ricostruire con “l’oro” della psicoterapia una nuova solidità.

Si potrebbe infatti dire che quanto accade in psicoterapia può essere paragonato all’antica pratica giapponese del Kintsugi o Kintsukuroi (ossia “riparare con l’oro”), che consiste nel riparare il vasellame rotto utilizzando dell’oro o dell’argento per unire i frammenti. Secondo questa pratica un vaso (ma potremmo dire, traslando, una persona) che ha subito una frattura, una lacerazione, un trauma, non perde per questo motivo il suo valore, non è da buttare. Anzi: è proprio partendo dai frammenti che è possibile dare una nuova e più solida struttura a quanto si era rotto, impreziosendolo di luminose venature d’oro che, senza cercare inutilmente di nascondere le fratture esistenti, ne mettono in evidenza l’unicità e la forza, rendendo il vaso (o la persona) ancora più bello e prezioso di prima.  Ogni vaso acquisisce così le sue personali e irripetibili venature, ed è così proprio dall’imperfezione o dalla ferita che può nascere una nuova forma ancora più bella di perfezione, estetica o interiore.