Quanto dura la psicoterapia?


“Quanto dura una psicoterapia?"

"Esiste una durata ottimale per un intervento psicoterapeutico?” - “Quanto deve durare perché sia efficace?” - “C’è una durata minima? Oppure c’è il rischio di continuare per un tempo indefinito?”


Molte persone, avvicinandosi per la prima volta alla psicoterapia, si fanno queste domande. Sono domande solo apparentemente banali, che in realtà rimandano a questioni importanti e a vissuti profondi che andrebbero accolti e ascoltati.

Appena al di là di queste domande, volgendo lo sguardo un po' più in profondità, possiamo infatti scorgere un insieme di normali timori e paure, che possono essere di diverso grado e che rendono difficile affidarsi alla psicoterapia senza prima interrogarsi al riguardo.

 

Paure e timori...

Tra le normali paure che incontriamo più frequentemente ricordiamo la paura di dover affrontare "l'ignoto", di avvicinare qualcosa che ancora non si conosce, la paura di una terapia di cui non si può conoscere già in anticipo il funzionamento, e di cui a volte non si riesce ad immaginare la fine. 

Ma più ancora può spaventare la prospettiva di dovere entrare in contatto con una parte di sé che ancora non si conosce bene, una parte di sé che forse si è fatta sentire solo ora, di recente, attraverso un sintomo (un po' d'ansia, un umore deflesso, un disturbo del sonno, ecc.), facendoci intuire una fragilità che non vorremmo guardare.

Queste paure si accompagnano spesso a una grande ambivalenza: dopo aver riconosciuto la parte di sé sofferente, ciò che trattiene rispetto all’intraprendere un percorso di cambiamento è a volte anche la paura di perdere una parte di sé, quella parte di sé che – seppur disfunzionale, sofferente, deprivata, maltrattata, depressa – è pur sempre una parte con cui si è convissuto più o meno “felicemente” per molto tempo. E a volte si può erroneamente pensare che, come recita il detto, sia “meglio un male conosciuto che un bene sconosciuto”.


Ma forse ciò che maggiormente trattiene dal decidere di iniziare una psicoterapia è la paura di rimanere “intrappolati” in una terapia senza fine. Questa è anche l’immagine che si trova – a volte comica, a volte grottesca – diffusa da film, romanzi, ecc. Ma è un’idea che, oltre a non essere esatta, quando si presenta in terapia potrebbe celare altri significati, che andrebbero indagati e affrontati. 

Potremmo ad esempio interrogarci sulla paura di essere "catturati" in una relazione claustrofobica, che forse attiva vissuti di esperienze relazionali precedenti. Potrebbero allora attivarsi reazioni di fuga, o una reazione controfobica, che potrebbe portare ad abbandonare prematuramente la terapia, prima che si sciolga il nodo problematico, e a volte prima ancora che si possa avvicinare il nodo problematico - troppo doloroso - non consentendo così alla terapia di andare a buon fine. Oppure potrebbe rimandare a vissuti di dipendenza (che sarebbe utile incontrare ed elaborare in terapia, in tutte le loro sfumature) e al connesso bisogno di autonomia e separazione, magari proprio in conflitto con un bisogno inespresso di accudimento totale.  

 

In realtà la psicoterapia non è senza fine, ma ha i suoi tempi. E può avere tempi diversi, a volte anche molto diversi, in quanto numerosi fattori concorrono a determinarne l’effettiva durata nelle diverse situazioni. 

Sicuramente però, come vedremo, il fattore principale dal quale non si può mai prescindere nel definire la durata di una terapia è la valutazione clinica di ogni singola situazione, in quanto ogni persona è unica e irripetibile, e ogni situazione va valutata individualmente.

 

Fattori che influenzano la durata della psicoterapia

Tra i numerosi i fattori che influenzano la durata di una psicoterapia, i principali sono:

  •  Il tipo di problematica per la quale il paziente si rivolge allo psicoterapeuta: se il paziente deve affrontare una problematica contingente (es. lutto non patologico), o relativa ad un singolo evento che ha minato la sua serenità, o un disturbo limitato nel tempo e che non coinvolge altre aree della sua vita, avrà presumibilmente un percorso terapeutico più breve di chi deve affrontare un più complesso disturbo di personalità, che necessita di un intervento più profondo e articolato.
 
  • Il tipo di sintomatologia presentata: la presenza di più sintomi o di più disturbi rende naturalmente l’intervento più complesso e più lungo. Se – riprendendo l’esempio del punto precedente – la persona si trova ad affrontare un lutto che non si esaurisce nel suo tempo fisiologico, ma si cronicizza in quanto riattiva una fragilità precedente, magari legata ad altre esperienze non superate o ad altri disturbi, allora sarà presumibilmente necessario un tempo maggiore, in quanto il problema dovrà necessariamente venire indagato in tutti i suoi aspetti, non solo in quelli contingenti.

  •  La cronicità e il perdurare della sintomatologia: un disturbo non trattato tende a cronicizzarsi, a strutturarsi in un “equilibrio” nuovo, ma patologico. La diagnosi precoce e l’intervento precoce anche in psicoterapia, come in ogni altro aspetto che riguardi la salute, è una buona prassi che favorisce i migliori risultati. Poter intervenire su un sintomo che ha iniziato da poco a manifestarsi dà tendenzialmente la possibilità di ottenere dei risultati in un tempo minore, rispetto agli interventi su sintomi di lunga data e già sulla via della cronicizzazione.
 
  • Le caratteristiche dell’ambiente sociale e relazionale in cui la persona si trova inserita, che potrà essere più o meno supportivo e produrre delle ripercussioni anche sui cambiamenti in psicoterapia, in positivo o in negativo. Può ad esempio capitare che a seguito di un cambiamento favorito dalla psicoterapia, la famiglia si trovi confusa, non riesca ad accogliere il cambiamento e lo ostacoli (anche inconsapevolmente). Ad esempio potrebbe bloccare le nuove conquiste verso l’autonomia, la differenziazione e la definizione di Sé di un adolescente che prima della terapia risultava depresso e insicuro, ma in quanto tale in precedenza più "compatibile” con l’equilibrio familiare in generale, e in un ruolo già noto e pertanto rassicurante.

 

  •  La struttura e le caratteristiche psicologiche della persona che richiede la psicoterapia. Queste in particolare determineranno i tempi della psicoterapia. La psicoterapia è infatti un po’ come un vestito sartoriale, fatto su misura: se il paziente non è pronto per ricevere su un piano profondo un'interpretazione o un intervento, il terapeuta potrebbe offrire anche il miglior intervento o modello psicoterapeutico (il "miglior abito"), ma questo non risulterebbe a misura del paziente ed egli non lo potrebbe “indossare” e farlo suo. Sarà quindi necessario per il terapeuta valutare di volta in volta da un punto di vista clinico dove si trova il paziente rispetto al percorso intrapreso, qual è la sua forza dell’Io, quali le sue risorse e i suoi disturbi, il livello di integrazione del Sé e così via, e valutare di procedere solo sulla base di questi dati, e non solo sulla base di un astratto modello teorico di riferimento. Sarà quindi solo all’interno del campo bipersonale che terapeuta e paziente costruiscono insieme ogni volta in seduta, che l’intervento potrà essere efficace ed essere accolto dal paziente.



La durata della psicoterapia non può quindi mai essere una questione solo di “agenda”, ma deve necessariamente essere fondata su precise valutazioni cliniche

Tali valutazioni possono in alcuni casi portare il terapeuta a decidere di proporre una psicoterapia breve. Ma anche in questo caso la scelta non è una questione di agenda, ma basata su dati clinici. 

La scelta di come procedere deve infatti essere sempre basata su precise valutazioni cliniche, in modo da poter garantire ad ogni persona il tipo di intervento più adatto alla sua storia clinica e sintomatologica, personale e relazionale. 

Sulla base delle valutazioni cliniche sarà poi possibile costruire insieme al paziente un percorso sempre più aderente alle sue esigenze, alle sue sofferenze, ma anche alle sue risorse e alle sue potenzialità, per arrivare a costruire un intervento concordato insieme, un intervento che sarà costruito come un buon abito sartoriale, sulle base delle sue necessità e delle sue "misure", e che solo in questo modo potrà alla fine "indossare" pienamente e farlo suo, sentendolo proprio "della sua misura". 




Foto di Steve Buissinne da Pixabay