“Permettere ai genitori di ‘pensare i propri pensieri’ offre un autentico sostegno alla genitorialità e aumenta i legami libidici tra genitori e figlio proponendo loro strumenti di comprensione dei sintomi e delle difficoltà presentate dal bambino”.
(Nanzer, Knauer, 2012)
Diventare genitori è un lungo processo che coinvolge la coppia genitoriale non solo sul piano fisico, ma anche sul piano psichico.
Ogni genitore entra in relazione con il nuovo nato anche in base alle proprie esperienze infantili, alle relazioni di accudimento che ha sperimentato durante la sua infanzia, alle immagini che ha interiorizzato dei propri genitori, alla rappresentazione della genitorialità che ha costruito dentro di sé, nel suo mondo interno.
La dimensione della genitorialità è presente sin dall’infanzia in ogni individuo (basti pensare ad esempio ai giochi infantili in cui essa viene già rappresentata), ma si manifesta più compiutamente quando si attiva un progetto genitoriale, con il desiderio di avere un bambino, la successiva gravidanza, la nascita e poi l'accudimento del bambino durante tutte le diverse fasi della crescita.
La relazione genitore-bambino inoltre si arricchisce di nuovi elementi portati anche dal bambino, elementi che vanno ad integrare le rappresentazioni interne genitoriali.
Ogni bambino, portando nella relazione la sua presenza e le sue caratteristiche di temperamento e di responsività agli stimoli fisici e psichici, aggiunge nuovi elementi nell’interazione e nel modo in cui il genitore lo percepisce, nonché nelle rappresentazioni interne che il genitore ha del bambino, dando vita quindi a quella peculiare e unica diade genitore-bambino.
Si attiva pertanto un complesso intreccio di proiezioni e introiezioni, tra aspetti reali e aspetti fantasmatici, che determina la particolare relazione che si va costruendo.
A volte però alcuni di questi aspetti fanno riferimento a parti non sufficientemente elaborate, a rappresentazioni interne della genitorialità disfunzionali, costrittive o anche patologiche, che non consentono di sostenere al meglio lo sviluppo del bambino e, con esso, della coppia genitoriale.
Oppure può accadere che gli elementi portati dal nuovo nato evidenzino una distanza tra la rappresentazione interna che i genitori hanno dentro di sé del bambino e gli aspetti concreti e reali con cui si trovano ad interagire. Ad esempio potremmo avere una coppia genitoriale attenta, con buone capacità generali di accudimento, ma che si trova ad interagire con un figlio che, per sue caratteristiche biologiche e temperamentali, risponde in alcuni casi in modo eccessivo agli stimoli interni ed esterni che incontra, e quindi piange di più, urla di più di quanto i genitori si sarebbero aspettati, facendo sentire i genitori incapaci di contenerlo e di interagire positivamente, in quanto non riescono a “ritrovare” in lui quella rappresentazione interna inconscia del bambino calmo e tranquillo che si erano costruiti. Ciò può dar luogo ad interazioni disfunzionali, in cui viene a mancare una adeguata sintonizzazione genitore-bambino, con conseguente aumento della sintomatologia e dei comportamenti problematici.
Oppure al contrario potremmo avere un bambino molto tranquillo con una coppia genitoriale che invece tende a proiettare su di lui i fantasmi della propria infanzia difficile, ad attribuirgli “colpe” o "desideri di riscatto" che in vario modo possono invece appartenere ad un conflitto della genitorialità del proprio passato infantile e a una relazione con i propri genitori non ancora sufficientemente elaborata, non superata, non consapevole. Ma le possibili interazioni genitori-bambino sono molte, e ognuna merita in ogni consultazione una attenta valutazione, che permetta di coglierne ogni diversa sfumatura.
In tutti questi casi si può intervenire in modo efficace grazie alla psicoterapia centrata sulla genitorialità (PCP), che va a sostenere e favorire lo sviluppo di rappresentazioni più funzionali del mondo interno degli adulti, modificando il modo in cui essi rappresentano se stessi in quanto genitori e il modo in cui rappresentano il proprio figlio, al fine di ridurre le rappresentazioni disfunzionali, favorire la gestione dell’affettività, ridurre la sintomatologia, e favorire uno sviluppo sereno e una relazione più armoniosa.
La psicoterapia centrata sulla genitorialità consente di intervenire sulle difficoltà di interazione tra genitori e bambino che possono essere il risultato sia dei contenuti fantasmatici genitoriali disfunzionali (che vanno individuati e interpretati al fine di favorire un loro superamento ed una loro evoluzione verso contenuti più adattivi e integrati), sia delle disposizioni relazionali e temperamentali precoci del bambino, sia dell’impatto che le rappresentazioni genitoriali hanno sul funzionamento del bambino.
I contenuti fantasmatici disfunzionali del genitore che interferiscono nella relazione con il bambino non sono necessariamente consapevoli. Può accadere che anche il più attento dei genitori si trovi in determinate circostanze alle prese con questi contenuti di cui non ha consapevolezza. Del resto ogni genitore entra nella nuova esperienza genitoriale con un proprio bagaglio da “figlio”, e non sempre è un bagaglio leggero. Può accadere quindi che il passato (ad esempio l'essersi sentito non visto dai propri genitori, o colpevole, ecc.) vada ad indirizzare inconsapevolmente la nuova relazione in una direzione che non è la più utile allo sviluppo. Inoltre ogni bambino aggiunge, nell’interazione con il genitore e con le sue rappresentazioni fantasmatiche, la sua particolare modalità di risposta, dando luogo a sequenze interattive sintomatiche che possono segnalare gli elementi disfunzionali.
Tutte queste difficoltà spesso si manifestano nei bambini attraverso sintomi funzionali, attraverso lo sviluppo di disturbi comportamentali, disturbi nella relazione, regressioni, difficoltà nello svolgimento delle normali tappe evolutive, oppure attraverso vissuti di sofferenza, di inadeguatezza, di incompletezza nei genitori.
Quando il sintomo viene individuato e viene di conseguenza avviato il percorso di terapia, l’obiettivo che la psicoterapia centrata sulla genitorialità (PCP) persegue è quello di intervenire sulle rappresentazioni della genitorialità meno utili e adattive o più costrittive e limitanti presenti nel mondo interno degli adulti. Ciò significa che la PCP consentirà di intervenire proprio sul modo in cui i genitori rappresentano se stessi in quanto genitori e sul modo in cui rappresentano e percepiscono il loro bambino.
La possibilità di stabilire un legame, un ponte, tra il passato infantile del genitore e il presente attuale da adulto che egli sta vivendo con il proprio bambino, e la possibilità di interpretarlo, consente al genitore di integrare nuovamente nel proprio mondo interno e nel proprio spazio intrapsichico alcuni elementi che invece prima venivano proiettati sul figlio e sulla relazione, e ciò può favorire lo sviluppo dei rispettivi processi di individuazione.
Diventare genitori è un percorso naturale, ma non per questo semplice. Sono tante, come abbiamo visto, le possibili distorsioni nella rappresentazione di sè come genitori, o nella rappresentazione del figlio, o nella interazione tra queste rappresentazioni. E non sono dovute a una "colpa" o "responsabilità" di qualcuno quanto, più spesso, all'attivarsi di aspetti inconsci che agiscono al di là della nostra consapevolezza, il più delle volte legati ad elementi antichi, risalenti ad esempio all'infanzia del genitore. Sono tante quindi le situazioni in cui la psicoterapia centrata sulla genitorialità può essere utile per ripristinare una armoniosa interazione tra bambino e genitore, alla luce di rappresentazioni di sè e del bambino più adattive e funzionali.
La psicoterapia centrata sulla genitorialità si può rivolgere principalmente a (Nauzer, Knauer, 2012):
1) all’adulto che soffre per la sua genitorialità, sia esso uomo o donna, anche in assenza di difficoltà nel bambino, o anche in assenza di bambino (es. quando non si riesce a concepire). Può essere utile anche durante la gravidanza o nella relazione con il neonato o con il bambino. La persona che richiede la PCP può farlo sulla base di:
- sofferenza legata all’identità genitoriale: vissuti di incapacità e incompetenza, non sentirsi in grado di accogliere il bambino che sta per arrivare o che si progetta di avere; fobie; percezione di sé come cattivo genitore nei confronti dei propri figli; scarsa fiducia in sé e nel proprio ruolo genitoriale, ecc.
- timore che l’immagine di sé come genitore e le proiezioni sul bambino possano provocare sofferenza al bambino: paura di non amare abbastanza il figlio, di avere un’immagine di lui come debole, sottomesso, ecc.
- vissuti di essere minacciato dal bambino o della sua presenza: impressione di non essere amato dal bambino, di essere maltrattato, di persecuzione, di invasione, di aver perso il proprio ruolo in famiglia per "colpa" del bambino, ecc.
2) al genitore di un bambino in difficoltà. A volte alcuni disturbi dei bambini si sviluppano in relazione a proiezioni patologiche inconsce del genitore sul bambino, che vanno ad interferire anche con la capacità di sviluppare una relazione genitore-bambino adeguata e con la capacità del genitore di prendere in considerazione i reali bisogni del bambino e di rispondere ad essi. Il bambino può quindi sviluppare dei disturbi che, in base all’età, possono essere di tipo diverso, più o meno interiorizzato. L’approccio sarà quindi diverso in base all’età del bambino, e prenderà comunque in considerazione la problematica genitoriale e la personalità del bambino, che influiscono sulle reazioni del bambino e sulla difficoltà che manifesta.
3) alla diade genitore-bambino con difficoltà relazionali. Le difficoltà che i bambini sviluppano in relazione a proiezioni patologiche inconsce del genitore, si possono manifestare con problemi relazionali tra bambino e genitore, ed in questi casi la psicoterapia centrata sulla genitorialità risulta essere particolarmente efficace.
Infine, come specificano Nauzer e Knauer (2012), la psicoterapia centrata sulla genitorialità non si occupa di patologie psichiatriche (es. depressione, disturbo della personalità, schizofrenia) non legate alla genitorialità, ma necessita che l'adulto "abbia una certa capacità riflessiva e che possa stabilire legami tra gli eventi […], deve essere interessato a migliorare la sua comprensione di se stesso e deve accettare il fatto che il terapeuta non gli fornirà linee guida né soluzioni”. Sarà invece possibile per il genitore, attraverso un lavoro sulle proprie personali rappresentazioni della genitorialità, arrivare ad una maggiore comprensione di esse e dei sintomi, a nuove rappresentazioni più adattive, con una riduzione della sofferenza nel bambino e nei genitori, ed un rafforzamento della relazione genitore-bambino.
BIBLIOGRAFIA
STUDIO DI PSICOLOGIA E PSICOTERAPIA
Via Domodossola, 12
Torino (TO)
10145
Italia